sabato 1 marzo 2008

Incateniamoci per i parchi


Una catena per i parchi: una catena leggera fatta di bit, di persone e di idee per chiedere di non approvare in Consiglio il prossimo 4 marzo la norma che consente alla Regione di cancellare il parere dei parchi e spianare la strada a ogni nuova proposta di cementificazione nei loro territori.




SALVATE I PARCHI!!!



La V Commissione della Regione Lombardia (Territorio) ha approvato pochi giorni fa la proposta della Giunta per emendare la legge 12/05 e il 4 marzo sarà portata in Consiglio.



La modifica prevede che la Regione si appropri del diritto di dare o meno l'assenso ai progetti edilizi dei comuni all'interno dei parchi lombardi, anche in caso di parere negativo delle comunità locali.



Qui

la petizione a cui hanno aderito anche Associazione per il Parco sud Milano, Associazione "La Rondine", Italia Nostra Pavia, Legambiente provinciale Pavia e molti altri. Da firmare!!!



E qui

le istruzioni per la catena (per chi ha un blog) e gli anelli precedetenti della catena.


Avanti, in catena per i parchi, il paesaggio, la salute.

mercoledì 13 febbraio 2008

La moratoria contro l'aborto? Facciamola a favore delle donne

La moratoria contro l'aborto lanciata da Giuliano Ferrara sull'onda delle moratoria contro la pena di morte si configura come l'ennesimo pesante attacco alla legge 194.
La questione aborto viene sempre affrontata sull'opportunità di modificare o meno l'attuale legislazione. Non ci si pone il problema di mantenere l'obiettivo che ha ispirato la legge del 1978, ridurre il numero di aborti. Obiettivo che per altro da allora ha pienamente raggiunto.
Proviamo ad osservare la situazione e cerchiamo di pensare ai motivi che spingono una donna a decidere di abortire. Non si riuscirà certo ad essere esaustivi, però alcune ipotesi si possono fare.
Ipotizziamo innanzitutto un aborto non terapeutico.

Primo caso: una donna subisce violenza sessuale, da chiunque provenga, rimane incinta e decide di abortire. Credo che qua nessuno abbia qualcosa da obiettare, l'aborto è più che legittimo. Perlomeno la possibilità di abortire.
Secondo caso: per motivi diversi, che possono essere metodi anticoncezionali che non funzionano a dovere oppure un'eccessiva disattenzione, una giovane donna rimane incinta. Si trova di fronte ad una scelta. Tenere o meno il bambino, o almeno così si dice. I problemi che sorgono a questo punto sono tanti. Un bambino è una scelta difficile, e non solo perché viviamo una società dove le relazione affettive si formano e si sciolgono forse con fin troppa facilità. La scelta è difficile perché per decidere di tenere un bambino è necessario anche poterselo permettere. Avere un bambino ormai è diventato un lusso. E questo fa sì che anche le donne che hanno un desiderio di maternità sono costrette a rimandarlo a momenti migliori. Una decisione che sempre più spesso le donne sono costrette a prendere anche quando non sono più giovani e magari hanno già avuto un figlio. Un altro peserebbe eccessivamente sull'economia della famiglia. Quale può essere dunque una soluzione per contrastare l'aborto in questo caso? La possibilità per le giovani coppie di mettere su famiglia avendo un futuro assicurato, non incerto e precario come quello che hanno oggi, che rende assolutamente impossibile qualsiasi progetto a lungo termine. E poi il sostegno alle famiglie con bambini piccoli, non solo e non tanto economico, ma sociale, con servizi per l'infanzia che garantiscano ai genitori di crescere il loro figlio serenamente. Solo così possono diminuire questo tipo di aborti.

Terzo caso: ci sono donne che usano l'aborto come se fosse un metodo anticoncezionale. Non si preoccupano, cioè, di utilizzare qualsiasi tipo di precauzione, tanto, dicono, posso sempre abortire. E allora qui c'è un problema di cultura ed educazione, causato dalla mancanza di coraggio quando si parla di sessualità, un tema considerato ancora tabù e di cui bisogna parlare sottovoce. Quando potremo urlare che la maggior parte dei giovani fa l'amore senza fini procreativi e deve imparare come proteggersi e come utilizzare metodi anticoncezionali sicuri, quando nelle scuole si spiegherà seriamente l'importanza dell'utilizzo delle contraccezioni, solo allora si potranno ulteriormente diminuire il numero di aborti.

Un ultimo piccolo accenno sull'aborto terapeutico: è facile dire che anche se il bambino è malato, o anche se il parto è un rischio per la donna, il bambino deve nascere lo stesso. Innanzitutto, anche per i potenziali genitori di bambini malati alla nascita sicuramente influenza nella scelta il ragionamento economico: con l'attuale incertezza non si può mantenere un figlio sano, figuriamoci uno malato. E poi siamo sicuri che l'egoismo sia non farlo nascere quel bambino, o piuttosto farlo nascere e farlo vivere una vita di sofferenze? Ed evitare parti che potrebbero essere rischiosi per la madre significa tutelare una vita che già c'è invece che una vita che potrebbe, forse, essere, sempre che tutto vada bene.

Qua non possiamo sicuramente esaurire tutta la casistica possibile di cause di aborto. Ma possiamo provare a cambiare il punto di vista, invece che vietare l'aborto per legge, creiamo le condizioni perché nessuna donna e nessuna coppia sia spinta verso questa scelta.
Smettiamo quindi di definire la posizione di Ferrara anti-abortista. E' assolutamente pro-aborto. Basta che sia illegale.

sabato 2 febbraio 2008

La comunità di Internet

In questi anni di continua evoluzione, il rapporto con la tecnologia che solitamente si verifica è di amore ed odio, forse per gli eccessivi cambiamenti che può portare nella nostre vite, o forse perché siamo spaventati dai nuovi scenari che ci si aprono davanti.
Internet, forse l'invenzione che di più ha cambiato il nostro rapporto con la tecnologia, è regolato da una massima di un noto filosofo tedesco: "Da ognuno secondo le proprie possibilità, a ognuno secondo i propri bisogni", nonostante sia stato creato e inserito in una società palesemente capitalista. Quando qualcuno "mette" in rete qualcosa, non solo lo rende disponibile a chiunque, ma non si preoccupa nemmeno di ciò che riceverà in cambio ("da ognuno secondo le proprie possibilità"), anche perché si è sicuri che si troverà tutto ciò che si cerca, ("a ognuno secondo i propri bisogni"). E' ormai provato che questo sistema funzioni, anzi spesso viene preferito ad altri, anche per incentivare il consumo.

Un altro aspetto positivo che Internet mette in evidenza è "l'energia del gruppo", cioè che, quando si uniscono le proprie forze, esse aumentano in modo esponenziale, ovvero non addizionandosi ma moltiplicandosi tra loro, così l'unità genera un fattore che rende indistruttibile questa nuova energia, al contrario di ciò che accade a quella dei singoli individui, che si consuma. E' questa l'idea che sta alla base del successo delle community più diffuse dove la forza del gruppo che si scambia informazioni e cultura abbatte qualsiasi barriera comunicativa e rende possibile a chiunque di ottenere l'attenzione di un vastissimo pubblico, almeno per qualche giorno.

Tutto ciò però è sicuramente un'arma a doppio taglio. Non è un caso che tutti i sistemi più avanzati, come MySpace che consentono di condividere contenuti con il resto del mondo siano stati prodotti dai più grandi poteri capitalistici. Il loro intento è evidente: cercare di distrarci dalla vita reale creando una vita immaginaria, una Second Life. Sempre più giovani infatti evitano di incontrarsi in piazzetta per passare tutto il pomeriggio a leggere e commentare i blog degli amici o chiacchierare su Msn con l'amica che abita a due passi da casa. Le degenerazioni, gli utilizzi eccessivi dei nuovi mezzi di comunicazione e condivisione sono sempre lì in agguanto.

Ma non per questo bisogna demonizzare Internet, le community, il Web 2.0, non bisogna prendersela con lo strumento, ma con l'incapacità dei giovani di capire le enormi potenzialità che si aprono loro con Internet, ben più di un misero blog. Si aprono infatti nuove possibilità di dialogo, confronto e partecipazione anche con realtà fisicamente, socialmente e culturalmente molto distanti da loro. Possibilità di acquisizione di conoscenza a cui altrimenti non avrebbero avuto acceso, o che difficilmente avrebbero recuperato. Possibilità di contattare e incontrare persone che mai e poi mai avrebbero preso in considerazione il giovane medio. Possibilità di conoscere realtà magari molto vicine di cui non si sapeva nemmeno l'esistenza, perché non c'era modo di comunicare, riuscendo a costruire anche nella realtà “l'energia del gruppo”. L'importante è non limitarsi al virtuale, non creare una Second Life parallela, ma utilizzare strumenti potentissimi per migliorare la propria vita reale, l'unica vera vita.

Internet è la dimostrazione che il principio "Da ognuno secondo le proprie possibilità, a ognuno secondo i propri bisogni" non è utopico, specie se si considera che sono soprattutto i giovani, il futuro del mondo, a poter sfruttare l'incredibile potenza di Internet.
E pensare che Internet è nato come strumento militare e oggi è invece diventato una "comunità", simbolo di pace, strumento per scambiare conoscenze e contaminare le culture.

Martina e Luca

sabato 19 gennaio 2008

Politica e Religione

“Benedetto XVI inagura l’anno accademico a “La Sapienza” di Roma”; “Il Papa lancia la moratoria contro l’aborto”...
...ma lo Stato non dovrebbe essere laico?

I papi hanno sempre cercato di imporre la religione a tutti i cittadini italiani. Sebbene mi sconcerti parecchio l’apertura dello Stato, laico, verso questa cosa e la mancata indignazione dei miei coetanei atei verso questi tentativi di limitazione della nostra libertà, mi sconcerta ancor di più che un capo religioso tenti di imporre quello che è, o che dovrebbe essere, un percorso personale. Io non sono atea né cattolica, ma credo che imporre il percorso religioso sia la cosa più sbagliata. O la migliore, se si vuole svilire un qualcosa di così importante, di così profondo. Per me la religione e le scelte ad essa conseguenti, sono uno dei punti fondamentali della sfera privata dell’esistenza umana, dell’essere umano nella sua individualità, particolarità. La scelta di una famiglia di “accogliere tutti i figli mandati da Dio” è, non soltanto rispettabile, ma ammirabile. Lo è in quanto scelta personale, e così deve essere. Se ad esempio un individuo che non capisce l’importanza che viene data dai cattolici alla verginità ne è costretto, la vivrà come una cosa negativa, al contrario di chi la sente come una cosa sua e lo fa per scelta.

La religione imposta non è più degna di essere chiamata tale, in quanto viene snaturata. La costrizione a delle pratiche religiose, allontana chi è forzato da ciò che è autore di tale costrizione, e quindi dei suoi patimenti: la persona costretta ad osservare il vincolo della verginità fino al matrimonio senza comprenderne il significato religioso, si allontanerà dalla fede e la giudicherà anche in altri ambiti con pregiudizi negativi, ne rifiuterà le riflessioni anche quando sarebbero condivisibili. È un peccato suscitare questi pregiudizi, e non credo che il Papa non lo capisca o che non si sia posto il problema. Perché lo fa allora?

Inoltre, penso che sia una cosa sbagliata anche perché ci sono diverse condizioni da considerare: non tutti si possono permettere, economicamente, di avere 5 o 6 figli.

Oltre a queste due, non trascurabili ragioni, penso che sia irrispettoso nei confronti delle altre fedi imporre la propria in uno Stato in cui ne convivono diverse. Che un ateo non rispetti una fede religiosa è grave, ma che lo faccia un religioso è paradossale: dovrebbe capire molto più dell’ateo le ragioni e le usanze dell’altro!

Per cui, imporre ad un’intera Nazione le scelte religiose, significa: svilire il significato intrinseco profondo della religione; non permettere il pieno sviluppo del percorso che porta ad una determinata convinzione o scelta; soffocare gli stessi bisogni religiosi dei credenti in altre fedi; prendere decisioni senza sapere le condizioni, anche solo economiche, di colui al quale si impone la suddetta decisione; far divenire principi e scelte nobili violenze verso chi ne è forzato; non rispettare le scelte degli atei in quanto tali e soprattutto in quanto individui.

È per questo che lo Stato, o meglio, che TUTTE LE COSE PUBBLICHE (UNIVERSITA' COMPRESA) DEVONO ESSERE LAICHE. È giusto e “vantaggioso” per chi non è religioso, ma, a parer mio, soprattutto per chi lo è.



Martina

giovedì 6 dicembre 2007

Sinistra Generazionale

Aderiamo all'appello delle organizzazioni giovanili dei quattro partiti della Sinistra italiana, in occasione dell'Assemblea Generale dell'8 e 9 dicembre a Roma, per una politica più partecipata dai giovani

Siamo ragazzi e ragazze di quella che è stata chiamata “Generazione X”, cresciuta con la «crisi della politica», il crollo delle ideologie, il pensiero unico e la fine della storia
Nei movimenti globali, ecologisti e pacifisti di inizio millennio abbiamo ritrovato una nostra mutevole identità ed in questi anni non ci siamo rassegnati a delegare ad altri la nostra passione ed iniziativa politica.
Siamo una generazione che vive oggi sulla propria pelle la crisi verticale del nesso lavoro-cittadinanza costruita attraverso il paradigma della precarietà come condizione legata non solo alla dimensione professionale e del contratto di lavoro, ma come dimensione esistenziale generale, e che riguarda la casa come l’istruzione, la mobilità come l’accesso a saperi e cultura, la libertà di scegliere liberamente sulla tua vita, di seguire i tuoi orientamenti sessuali, come la promessa di un avvenire di guerra, cambiamenti climatici ed instabilità globale.
La precarietà diviene allora il furto più terribile che si possa fare ad un giovane: il furto della possibilità di immaginare, costruire, organizzare il tuo futuro fuori dal ricatto costante del profitto e del comando.

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Laicità e diritti civili

Segnaliamo l'intervento di Susanna Camusso all'assemblea plenaria degli Stati Generali della Sinistra milanese

Il tema è ovviamente complesso, ed avendo lo scopo di introdurre proverò a delinearne i caratteri senza sottrarmi al vantaggio di poter fare qualche provocazione.

Il tema della laicità pare sottoposto ad un progressivo ostracismo, basta pensare a quel bisogno compulsivo di collegarlo a qualche aggettivo che cerca di limitare il senso, la laicità buona, perché ce n’è una cattiva?

Oppure uso dell’ismo teso a valorizzare a diminuire il senso.

Vorrei invece provare a legarlo a quella che oggi mi pare l’essenza:

libertà, e per l’esattezza libertà di

  • libertà di amare

  • libertà di procreare e quindi di non farlo

  • libertà di curarsi e quindi di non curarsi

  • libertà di avere una fede e quindi di non averla

  • libertà di progettare la propria vita con le scelte e la complessità della sfera di vita

  • libertà di agire i propri diritti e quindi il riconoscimento che si hanno diritti di scelta


che vi sia un nesso tra libertà e laicità, forse, è in qualche angolo delle menti riconosciuto.

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martedì 4 dicembre 2007

SVEGLIA!!! -Giovani impressioni sugli Stati Generali a Milano-

Dopo un week end trascorso tra la sala della Provincia e la Camera del Lavoro ho sentito l’esigenza di tirare le somme. Già…i segretari hanno tirato le loro conclusioni, “un risultato straordinario” hanno detto, e noi da quella platea ci siamo guardati, abbiamo sorriso, abbiamo applaudito, ma di certo non eravamo soddisfatti come loro!

La partecipazione è stata grande, non c’è dubbio, ma in tutti i sensi: dov’erano i giovani, i tanto acclamati uomini e donne del futuro? Chiunque sia passato da un’assemblea durante questi due giorni non può non aver notato che l’età media era veramente troppo alta per un luogo in cui si andava a costruire la politica del futuro, la nostra politica.

Sono capaci tutti a dire che stiamo costruendo qualcosa di nuovo, che se i nostri intenti giungeranno a buon fine avremo fatto passi da gigante per un futuro dove la Sinistra abbia nuovamente un peso politico, “nuovo” e “futuro” sono due termini che senza i GIOVANI non dicono nulla.

Per l’ennesima volta dei partiti che tanto acclamano la partecipazione dei giovani e che si dicono aperti al confronto e stupiti dalla scarsa partecipazione delle nuove generazione alla politica in un momento cruciale sembrano essersi dimenticati di noi!

Non basta chiamare a sedere sul palco un ragazzo sotto i 25 anni per far tacere tutta una generazione che attende solo di aver voce in capitolo, non serve schierarsi sulla difensiva quando molti giovani di questa città pongono sul tavolo delle critiche…guardiamoci negli occhi…sì, voi, voi che avete alle spalle chissà quanti anni di vita di partito e altrettanti di movimento, voi, voi che avevate il dovere di trasmettere qualcosa alla generazione dei ventenni di oggi che invece avete lasciato in balia di se stessa distratti dalle corse al potere, voi, voi che questi Stati Generali li avete convocati senza cercare di coinvolgerci…dove pensate di andare?!

SVEGLIA!!!
Per una volta siamo noi a buttarvi giù dal letto…smettetela di accontentarvi di risultati conquistati senza noi al vostro fianco! Un giorno noi ci stuferemo, quella ventina di ragazzi di Milano e Provincia che oggi per costruire la Sinistra Unita e Plurale del futuro ha puntato la sveglia, perché di certo voi non sareste andati a chiamarli se avvolti tra la braccia di Morfeo, prima o poi la smetterà di lottare per cercare di far valere le proprie lotte e a perderci sarete prima di tutto voi: non c’è nulla di peggio che lottare, vedere i risultati avvicinarsi, ma non raggiungerli perché si sono sbagliati i calcoli, o forse è meglio dire i metodi!?

Spero che quel giorno sia lontano, spero, con l’innocenza politica dei miei 20 anni, di riuscire ad insistere ancora per parecchio tempo a tampinarvi, ad uscire da un’assemblea guardandovi negli occhi e dicendovi: “Io ci credo, ci ho creduto, continuerò a crederci, ma aprite gli occhi perché non penso sia merito vostro”.

Sogno una Sinistra, senza aggettivi, Sinistra è Democrazia, Democrazia è Partecipazione, ma la Partecipazione senza la possibilità di Confronto serve a ben poco.

E’ proprio il confronto generazionale ad essere mancato, in una due giorni dai tempi stretti, con gli interventi monopolizzati era difficile trovare spazio…non chiedevo un tappeto rosso, mi bastava una porta, dallo spioncino non ci passo!

…Io continuo a sognare, a puntare la sveglia, attendendo il giorno in cui i nostri comodini suoneranno insieme per scelta di entrambi, non per puro caso…ma se mi stufassi prima non stupitevi se arriverò in punta di piedi e vi tirerò via le coperte!

Ilaria

sabato 1 dicembre 2007

A Sinistra con Sicurezza

Negli ultimi tempi il problema della sicurezza è esploso nel dibattito nazionale, o forse è meglio dire che è stato fatto esplodere dai media. La sicurezza, di qualunque tipo, è sempre stato un cavallo di battaglia della destra, che declinandola come sicurezza nazionale riesce sempre a giocare sulla paura delle persone per portare avanti idee repressive e violente.

In queste situazioni infatti, la paura del diverso diventa il pensiero dominante, scaricando così tutte le colpe del disagio su qualcuno che ci sembra così lontano da noi.

D'altra parte, non si può nemmeno pensare di negare il problema. Le risposte che la Sinistra tende a dare spostano il punto di vista della questione, facendo notare ad esempio come buona parte delle violenze in famiglia abbiano come protagonisti gli italiani più insospettabili, e quindi qualcuno apparentemente uguale a noi tutti.
Questo atteggiamento ha il pregio di non alimentare la paura del diverso, ma rischia anche di essere percepito come un modo per non affrontare il problema, provocando così rabbia nelle persone che non si vedono tutelate.

Quindi, la prima cosa che dovrebbe dire la Sinistra è che il problema Sicurezza esiste, e non è solo la destra ad occuparsene. Anzi, proprio per la sua caratteristica di sostegno alle fasce più deboli, la Sicurezza è un problema prioritario della Sinistra, forse più che chiunque altro.

L'incertezza, la paura del diverso, la violenza, il degrado generano una percezione diffusa di mancanza di sicurezza e ci si aspetta che sia lo Stato, con il potere della Legge, ad occuparsi della questione. E' ovvio che il primo pensiero è quello di poter avere sempre un agente delle forze dell'ordine al proprio fianco, un cavaliere pronto a difenderci in qualunque situazione.
Ma non è così che risolviamo realmente il problema. Non è la repressione delle forze dell'ordine che può rendere più sicuro questo paese, sia questa diretta contro i lavavetri, o, come è stato provocatoriamente proposto, contro tutti i maschi italiani.

Ad esempio, sulla questione delle violenze commesse dai migranti, è inutile rispondere che in realtà sono i mariti la categoria responsabile di un maggior numero di crimini. Quello che conta, in questo caso, è anche la percezione, e bisogna quindi rispondere all'esigenza di sicurezza dei cittadini e delle cittadine, rompendo innanzitutto l'equazione migrante uguale violento pericoloso.
Come? Certamente è indispensabile confutare i dati sui reati commessi, molto spesso manipolati ad arte per alimentare questa idea, che fa comodo un po' a tutti. Trovare il capro espiatorio è sempre stato un sport molto popolare, e comodo anche per chi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità.
Inoltre, è senza dubbio necessario anche agevolare l'integrazione e il dialogo fra le diverse culture per abbattere le barriere che ci fanno percepire l'altro come “diverso” e che rendono possibili fenomeni di paura xenofoba.
Ma non basta. Bisogna rendersi conto che, se è vero che non tutti i migranti sono delinquenti, è anche vero che la nostra società non permette ai migranti di vivere in buone condizioni, e questo favorisce una maggiore presenza di delinquenti all'interno di questa comunità. Il rischio è che tutto questo si trasformi in una guerra tra poveri.

Questo introduce anche il problema del degrado delle periferie, che sono state quasi scientificamente lasciate in balia degli eventi, creando delle zone che sembrano essere al di fuori di qualsiasi legge, e certe volte anche della dignità umana. C'è stata la precisa volontà da parte dei poteri forti di creare delle bolle dove nascondere tutto quello che è meglio non vedere.
Questo ha portato a situazioni di degrado e di ghettizzazione tali che alcuni quartieri periferici non respirano più, non vengono curate le infrastrutture, vengono abbandonati nella speranza che implodano il più presto possibile. Di certo non si può pensare di trovare una soluzione reale al problema Sicurezza quando si creano apposta le condizioni in cui fenomeni violenti si sviluppano più facilmente. Risolvere la questione significa innanzitutto rendere ugualmente vivibili tutti i quartieri della città.

Non è possibile dunque che l'ondata repressiva coinvolga anche quei luoghi di aggregazione e cultura che molto spesso rappresentano l'unica possibilità di vivere pienamente il proprio quartiere. Inoltre, le trasformazioni metropolitane a cui abbiamo assistito negli ultimi anni tendono ad andare nella direzione opposta alla maggiore sicurezza, tendono a rendere la città più scorrevole e meno vivibile, ogni luogo viene pensato come esclusivamente da attraversare il più in fretta possibile e non da vivere affinché diventi un luogo di aggregazione e quindi di sviluppo della cultura. La speranza infatti non può che risiedere nell'istruzione dei ragazzi e delle ragazze, che solo imparando a vivere insieme, valorizzando le differenze delle altre persone, possono costruire un futuro migliore.

Insomma, la soluzione per affrontare lucidamente il problema è quella di non generalizzare e non banalizzare. Bisogna prendere in seria considerazione i fenomeni di violenza che nascano all'interno di diverse comunità di persone, il bullismo tra gli studenti, le violenze private nelle famiglie, la criminalità tra i migranti e la popolazione più povera, il danneggiamento della città nelle aree più degradate. Ci si deve impegnare a cercare le ragioni profonde che sono causa della nascita di queste manifestazioni violente. Questi fenomeni esistono e non si devono risolvere con una politica repressiva, che rischia di limitare la libertà anche delle persone oneste senza raggiungere gli effetti desiderati, arrivando in alcuni casi a peggiorarli. Lavorare per la soluzione del problema Sicurezza significa cominciare fin da subito con interventi sociali che abbiano l'obiettivo di migliorare la condizione di tutti, diminuendo il divario tra la popolazione, presente soprattutto nelle grandi città.
Non si può far finta che il problema Sicurezza non esista o che debba essere ridimensionato. Bisogna affrontarlo immediatamente in tutti i suoi aspetti, senza ipocrisie, avendo una visione complessiva ben definita e risolvendo i disagi sociali che ne sono causa.
Rimanendo a Sinistra con Sicurezza.

Luca e Matilde

domenica 25 novembre 2007

Appello per una sinistra unitaria, contro le derive repressive

A proposito degli Stati Generali della Sinistra di Milano, aderiamo a questo appello

Abbiamo bisogno di una sinistra nuova, sociale, autonoma e aperta a chi vuole costruire un'alternativa al dominio dell'impresa, alla mercificazione delle nostre vite e all'organizzazione patriarcale della società. Pensiamo a una sinistra partecipata da soggetti e movimenti, reti e collettivi, ma anche da persone in carne ed ossa, singole e singoli, che stanno in soggetti già organizzati o che si riconoscono semplicemente nel progetto politico. Vogliamo una sinistra capace di mettere in luce le sue differenze, non per ricondurle a sintesi, ma per dialettizzarle e metterle a valore.

Attraverseremo gli Stati Generali delle sinistre di Milano con questo spirito, affinché  il loro percorso di costruzione sia il più partecipato possibile. Intendiamo intraprendere, nei tempi a cui siamo costretti, un percorso di quei tanti e tante che non vogliono rimanere a guardare, ma diventare protagonisti per il cambiamento.

Riteniamo  necessario che la sinistra rompa l'egemonia amico-nemico e si costruisca nella pratica, animando il conflitto contro la repressione e il securitarismo. Dobbiamo contrastare la deriva che trascina a destra la società italiana e, in particolar modo, quella di Milano, che ormai da tantissimi anni costituisce un laboratorio in negativo. Il Partito Democratico e pezzi di società chiedono l'inasprimento generale delle pene e trasformano comportamenti sociali in reato; la percezione di insicurezza costruita dai media spinge alla criminalizzazione dei migranti e delle differenze sessuali, e all'equiparazione di writers, manifestanti e consumatori di sostanze stupefacenti alla macrocriminalità. Siamo convinti che la prima e vera insicurezza sia la precarietà del lavoro e delle nostre esistenze, così come riteniamo che la sinistra debba avere anche la capacità di dare risposte efficaci, garantiste e non discriminatorie per tutelare, anzitutto con strumenti di prevenzione, la sicurezza di tutti e tutte in ogni suo aspetto.

Per noi che vogliamo costruire una nuova sinistra, la sicurezza passa, innanzitutto, anche se non solo, attraverso il welfare, la riqualificazione dei quartieri popolari e politiche non proibizioniste, capaci di promuovere la cittadinanza, l'inclusione e nuove forme di aggregazione nelle periferie e nei luoghi bui della nostra metropoli; passa attraverso la denuncia e la lotta contro la nascita di centri di reclutamento dell'estrema destra xenofoba e razzista, che a Milano ha trovato il suo triste epilogo in "Cuore Nero".

Per queste ragioni proponiamo il tema della Sicurezza Sociale come uno degli elementi centrali della discussione, capace di attraversare gli Stati Generali della sinistra milanese, convocando un incontro preparatorio da tenersi mercoledì 28, alle ore 21.00, al circolo Arci Métissage (via Borsieri, 2).

venerdì 16 novembre 2007

Perché il 17 non vado a Genova

Chiedo scusa a tutti e a tutte: a coloro che ci credono davvero, a chi ha vissuto l'esperienza di Genova sulla propria pelle, a tutto il Movimento dei Movimenti, a chi è davvero convinto.

Il problema è solo mio: il 17 novembre non sarò alla manifestazione di Genova perché non riesco a condividerla.

Badate bene, non sono i contenuti che metto in discussione, per carità, ma le pratiche e i modi, che rispecchiano il proprio modo di pensare la politica.

Lo so è una posizione difficile da sostenere, però questa volta proprio non ce la faccio. Mi sento male a dover tradire il Movimento dei Movimenti, ma penso che stia proprio sbagliando. Tutto.

Il G8 di Genova non l'ho vissuto direttamente sulla mia pelle, ero ancora troppo piccolo purtroppo, ma sono cresciuto con i racconti, le storie, i video e le foto di quei giorni. Le testimonianze dirette e indirette. Per me Genova è come la storia che il nonno o la nonna raccontano sempre, e che ormai hai imparato a memoria, nei minimi dettagli. Per quanto posso, quindi, le vicende di Genova le conosco un po'.

So che durante quei giorni tutti hanno un po' perso la testa: forze dell'ordine, black bloc, no global, manifestanti, cittadini. In certi casi non sappiamo neanche bene chi siano queste categorie. Si mescolavano tra di loro, in un unico calderone che portava quasi al tutti contro tutti. Solo che qualcuno era armato, altri no. E non erano solo le forze dell'ordine ad essere armate.

Genova non è stata solo mani bianche, e Genova non è stata solo black bloc. Ci sono tantissime sfumature in mezzo. Inutile riaprire la questione dei poliziotti infiltrati, è abbastanza sicuro, dai filmati e dalla testimonianze, che c'erano poliziotti travestiti da black bloc. Ma questo non mi basta per dire che erano tutti poliziotti, al massimo mi basta per pensare che facessero gioco alla polizia, e che per questo non li ha arrestati. E non sono solo i black bloc. Purtroppo, come al solito, molti ne hanno approfittato per scatenare la propria rabbia repressa, danneggiando soprattutto i compagni che stavano manifestando pacificamente. Questa cosa mi irrita moltissimo e costituisce per me una colpa gravissima, perché ha coinvolto innocenti negli scontri. La polizia ha la responsabilità di avere pur sempre un ruolo e una funzione di tutela dell'ordine pubblico e di non potersi quindi permettere di alzare il livello del conflitto in modo così spregiudicato come ha fatto a Genova. Ma sono anche da chiarire quali sono le responsabilità di un movimento che non ha saputo evitare la provocazione ed ha voluto a tutti i costi sfondare la zona rossa, alzando così la tensione e la possibilità di scontri. Nessuno vuole togliere le colpe alle forze dell'ordine, anzi, ma penso che bisogna sempre essere senza colpe per poter giudicare qualcuno.

Anche per questo, continuo a pensare che Genova non sia stata la nascita del più grande movimento dopo quello del Sessantotto. Primo, perché non sono sicuro che possano essere paragonabili, avendo caratteristiche così diverse ed essendo quello del 2001 un movimento così disunito ed eccessivamente etereogeneo, incapace di capire e prevenire i rischi di una provocazione evidente. Secondo, perché il Movimento dei Movimenti non è nato a Genova, lì si è solo manifestato per la prima volta in maniera corposa, ma è nato da un lungo percorso che era partito molti anni prima. Un percorso fatto di assemblee, riunioni, incontri, confronti e scontri civili, non di scontri di piazza, distruzioni e devastazioni. Io preferisco ricordare Porto Alegre o Firenze piuttosto che Genova, preferisco ricordare la grande partecipazione attiva piuttosto che i giorni dello scontro. L'immagine del G8 di Genova è legata alla fase più dura per il movimento, tanto che non si mai più parlato del G8 negli anni a venire quanto in quei difficilissimi giorni.

Qualche perplessità mi fa nascere anche l'origine del primo appello per la manifestazione di Genova, firmato da una serie di realtà che più di una volta hanno mostrato atteggiamenti violenti in piazza, cosa che io non tollero perché lede il diritto a manifestare che ha ogni cittadino pacifico, pacifista, nonviolento o magari semplicemente educato. Certo, d'altro tenore è l'appello che è nato quando alla manifestazione hanno aderito i partiti e le organizzazioni istituzionali, ma mi è sembrata troppo una forzatura, un voler e dover salire sul carrozzone quando questo era già partito.

A testimoniare la grande confusione che è stata fatta su questa manifestazione, l'intervento di SupportoLegale, che rivendica la “paternità” del corteo, ma chiarisce di essere contrario alla commissione parlamentare d'inchiesta, che invece molte altre organizzazioni che parteciperanno alla manifestazione stanno chiedendo a gran voce, tanto da farne il tema della protesta. Insomma, ci si ritroverà, come tante altre volte, in piazza per motivi diversi, quasi opposti. E per questo motivo, non avendo le idee chiare, io non vado a Genova.

Io non vado a Genova perché non voglio rischiare di appoggiare chi si è sentito legittimato a picchiare e distruggere solo perché l'aveva già fatto la polizia. Non è questo il mio metodo, neanche quando picchiano me o miei amici, di certo non mi sfogo su una vetrina o un cassonetto, o un poliziotto che non è colpevole del mio pestaggio. La violenza genera solo violenza.

Io non vado a Genova perché qualcuno ha detto chiaramente che non si va a manifestare per dire che “un altro mondo è possibile”, quello per cui tutti noi lottiamo ogni giorno, ma per chiedere la commissione parlamentare d'inchiesta, che condivido, e la cancellazione dell'accusa di devastazione e saccheggio a 25 compagni, molto probabilmente innocenti, per un totale di 225 anni di carcere.

E qui una cosa mi scandalizza: la mancanza di volontà di far chiarezza su un momento di sospensione della democrazia e dello Stato di Diritto in Italia, una mancanza di volontà che insabbia la commissione d'inchiesta e processa compagni presi a caso, solo per trovare qualche colpevole. Che non sono tra loro, io ne sono sicuro, ma ci sono. Colpevoli ce ne sono da entrambe le parti.

Scusatemi, ma io non ce la faccio, non sto né con la polizia né con i no global, né con i manganelli, né con gli scudi di plexigas. E' vero che un estintore non può giustificare una pistola, ma io continuo a pensare che nemmeno una pistola può giustificare un estintore.
Io ho sempre paura ad invocare la legittima difesa. E' un concetto giuridico a doppio taglio, da usare con molta delicatezza. Per questo non mi azzardo a pensare che se uno viene malmenato dalle forze dell'ordine sia autorizzato a fare tutto quello vuole. La rabbia è stata sfogata non solo contro il poliziotto che picchiava, ma contro tutta la città e chiunque capitasse lì intorno. Qualche scontro non giustificano le bottiglie che sono state lanciate dalle retrovie contro la polizia schierata e che hanno provocato le cariche, esponendo così i compagni delle prime file ad un rischio enorme. Così come qualche cassonetto dell'immondizia spostato per ripararsi non giustificano i sassi lanciati vigliaccamente dalle retrovie dai capi pattugli della polizia. E' chiaro che quando uno si sente minacciato, attacca: uno tira fuori la pistola, l'altro imbraccia l'estintore. La colpa è di tutti e due, perché nessuno dei due avrebbe dovuto avere un'arma propria o impropria in mano. E' vero poi che l'estintore non avrebbe mai ucciso vista la distanza di tiro che c'era, ma pensate ad un giovane ragazzo che si trova in una situazione del genere.

E qui arriviamo al punto. La colpa in realtà è di chi ha fatto sì che questa situazione accadesse. Di chi ha architettato tutto per far salire lo scontro. Di chi ha pensato di sfruttare il G8 e la protesta dei movimenti per il proprio interesse. Di chi ha costruito la trappola nella quale è caduto il movimento dei movimenti. Per questo è indispensabile la commissione parlamentare di inchiesta, affinché accerti le responsabilità politiche dei fatti di Genova.

In tutto questo scenario recentemente si sono aggiunti gli ultras, una realtà completamente diversa dai movimenti, ma che potrebbe unirsi alla manifestazione di Genova, su una base comune non molto chiara (l'odio per la polizia?) e con tanta voglia di vendicarsi violentemente della repressione che stanno subendo. Un'altra variabile da considerare, che potrebbe fare impazzire il tutto.

Io non penso che i manifestanti di sabato saranno tutti violenti, anzi, non ho paura che ci siano scontri. Ma una paura ce l'ho.

Ho paura che il 17 novembre sia un'altra trappola per il movimento. Che diventi un vicolo cieco dal quale non si riuscirà ad uscire. Un modo come un altro per aumentare il clima di tensione che sta crescendo in questi mesi. E noi stiamo ricadendo nella trappola.

ChiAmaLa Sinistra

lunedì 12 novembre 2007

Proposta per un Manifesto per la Conoscenza

Segnaliamo la proposta di un Manifesto per la Conoscenza fatta da alcuni politici della Sinistra milanese e appoggiato da alcuni/e lavoratori/trici e studenti/tesse del Mondo della Conoscenza


MANIFESTO PER LA CONOSCENZA


Un bene comune


La conoscenza, premessa, veicolo, obiettivo di democrazia è un bene comune e, come
l’acqua, indispensabile alla vita .


I saperi, le culture e il loro incontro promuovono cittadinanza, danno dignità e
speranza alle donne e agli uomini di ogni paese.


Il diritto di cittadinanza trova concretezza anche tramite il diritto allo studio che si attua in una scuola intesa come luogo privilegiato di relazioni e saperi, formali e informali, tra generi e generazioni


Una scuola che accanto ad una garanzia di accesso si pone l’obiettivo di superare le disuguaglianze (sociali, di genere, di territorio), le diversità vissute come discriminazione, la disparità dell’offerta formativa.


Una scuola aperta a tutte e a tutti.


Una scuola che, attraverso un’educazione permanente, accompagni e sostenga con competenza la piena realizzazione della persona rendendola protagonista della sua vita e delle sue scelte.


Una scuola pubblica, laica, democratica: la scuola della Costituzione.


[...] continua - Leggi tutto

domenica 4 novembre 2007

Vorremmo sentirci meno soli - una posizione controcorrente nella Sinistra unitaria

Siamo ragazzi della Sinistra milanese. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo l'esperienza del movimento studentesco, e in certi casi proviamo a vivere anche l'esperienza di partito.
Nonostante le nostre “scelta di campo”, siamo confusi, così come ci sembra confusa la situazione politica italiana a sinistra del Partito Democratico.

Ci sentiamo in controtendenza, perché pensiamo che tutti i servizi essenziali debbano essere pubblici, che la scuola debba essere una priorità assoluta, ma anche che writers e teppistelli vari che la sinistra tende a difendere siano soltanto dei viziati.

Non abbiamo vissuto gli anni giusti per sostenere il Solidarnosc, ed essere accusati per questo, però spesso ci troviamo a metà strada, e ci ritroviamo classificati da alcuni nostri compagni come “perdutamente di destra” quando proviamo a dire che alla fine la TAV può anche essere utile al nostro Paese, si tratta più che altro di farla bene nel rispetto del territorio, non di opporsi in maniera assoluta, oppure quando facciamo notare che gli esami di riparazione non sono forse la proposta migliore che Fioroni poteva fare, però almeno tentano di risolvere il problema degli appiattimento dell’istruzione, reintrotucendo la meritocrazia per impedire lo scandalo di studenti promossi senza sapere nulla, oppure ancora quando pensiamo che la sicurezza non sia un’esclusiva della destra, basta che venga affrontata con interventi seri e programmati a lungo termine e non con le soluzioni spot di Domenici.
Pensiamo che le posizioni chiuse ed estreme della Sinistra cosiddetta “radicale” a proposito di questi temi siano tra i problemi più gravi che pregiudicano lo sviluppo di una sinistra sociale “vera” in Italia. Troppo spesso rimaniamo sconvolti a sentire parlare alcuni esponenti della sinistra “radicale”, come Caruso, che troppo spesso sentiamo lontano da noi. Temiamo che non si crei una vera alternativa ad altri trent’anni di malgoverno democristiano.

Abbiamo scelto di quale giovanile di partito far parte, è vero, ma, forse convinti dalle continue voci dei nostri compagni, ci chiediamo ogni giorno se non sia il caso di spostarci più a destra, se fare la destra di un partito o l’estrema sinistra di un altro, se creare l’ennesima correntina che questa volta gioca però ad uscire a destra anziché a sinistra. Ma non pensiamo che questo possa essere utile. Solo con una vera unità a Sinistra crediamo si possa cambiare veramente qualcosa.

Siamo tra le poche persone che scelgono ancora di essere dei veri militanti, non importa se in un partito o fuori, tra i pochi sopravvissuti ancora convinti di poter determinare il futuro del mondo con le proprie idee e le proprie azioni, un po’ come quando alla fine degli anni '80 di pensava far cadere il muro di Berlino dall'Italia. Ma ci troviamo imbrigliati in una stagione politica che altro non è che un groviglio di partiti e politichese contro il quale troppo spesso ci troviamo a combattere, a volte anche senza volerlo. Vorremmo distruggere questo sistema politico, superando la forma classica che anche il nostro partito ha e creando qualcosa di nuovo che sia realmente partecipato. Vorremmo cambiare il mondo, ma ci rendiamo conto che prima di tutto dobbiamo cambiare noi stessi, il nostro partito, le nostre organizzazioni e la nostra politica.

Siamo giovani, e anche se dicono che oggi i giovani sono impigriti, noi siamo pieni di voglia di fare e tutte le difficoltà che siamo costretti a sopportare nella nostra vita politica di ogni giorno non sono ancora riuscite a far svanire l’entusiasmo che ci anima.
Non condividiamo il linguaggio del V-Day, alla politica vorremmo dare del Lei e possibilmente del Voi perché non accettiamo di condividere il linguaggio triviale e populista di quanti in questi anni si sono autoproclamati nuova politica. Fin dal primo momento che siamo venuti in contatto con la politica ci siamo chiesti se potevamo permetterci di essere comunisti, e l’unica risposta che abbiamo saputo darci è contenuta in una nota citazione: “Chiamiamo comunismo il movimento che abolisce lo stato di cose presente”. Allora sì, noi vogliamo abolire lo stato di cose presente.

Siamo senza bussola, senza un orientamento, un faro che ci guidi fuori da questa nebbia che avvolge la sinistra italiana. Non ci sentiamo pienamente rappresentati da nessun partito, e quello di cui facciamo parte lo vorremmo stravolgere completamente, anzi, forse è proprio per compiere questa “missione” che siamo ancora dentro. Chissà, ci siamo detti, magari i viandanti smarriti che si incontrano possono fare un pezzo di strada assieme, che non sarà la via perfetta, ma almeno sarà percorsa insieme. Con prudenza, naturalmente.

Ci piacerebbe poter condividere questi sentimenti con altre persone, con un commento a questo post, con una e-mail, con una serata davanti a una birra od un bicchiere di vino, o in qualsiasi altra forma chiunque ritenga congeniale.

Vogliamo provare a sentirci molto meno soli.


Ilaria e Luca

martedì 23 ottobre 2007

Ecco il mio 20 Ottobre!!!

Io c'ero!!!
...perchè non mi fermo mai, perché non ci siamo ancora arresi, perché contiamo di poter cambiare lo stato di cose presente, perchè questo Governo ancora tanto deve fare per l'istruzione, perchè la Conoscenza era stata dimenticata dall'Appello e noi siamo scesi in piazza per prenderci la rivincita colorando un corteo completamente rosso...niente polemica, non c'è tempo ora...e non c'è motivo...è stato un successo...nulla da dire!
...difficile scendere in piazza, difficile vincere le contraddizioni interne, difficilissimo da tesserata di un partito al governo spiegare a chi ti sta intorno che tu non sei incoerente scendendo in piazza, perché tu non andrai in piazza contro il tuo governo, ma per il vostro programma...se ne parlava da oltre un mese alle riunioni quasi quotidiane...si aveva timore...ma tanta tanta speranza!!!
Arrivo in Centrale alle 6, sveglia alle 5, davanti a me ho 8 ore di treno tra compagni, birre, discussioni politiche e non, sogni, considerazioni e tanta tanta voglia di cambiare il mondo, da sempre presente, ma ultimamente schiacciata dalle beghe politiche e di partito e da quel politichese ormai detestato da Morfeo perchè capace di riportarci alla nuda e cruda realtà strappandoci dal mondo dei sogni...
Arrivo a Roma alle 14.30, Tiburtina, in metro cantando Bandiera Rossa, si esce a Termini...una fiumana ROSSA...bandiere rosse ovunque con in mezzo simboli diversi...io, che faccio ancora fatica ad accettare di essere schedata sotto un simbolo, la bandiera l'ho lasciata a casa, forse anche perchè fare andare a fare il nuovo con il vecchio mi suonava male, con me c'è la storica bandiera della pace, quella comprata per essere appesa fuori sul balcone nel 2003, quella del lontano e storico corteo del 15 Febbraio...risalgo il corteo con la scusa di vendere il giornale, ottimo metodo x fare sottoscrizione in giorni come questo...non finisce più, non il giornale, la gente!!! Finisco le mie copie ancora prima di vedere la testa del corteo e torno verso lo spezzone studentesco, vivace, colorato, pieno di musica e vita...Proseguiamo a rilento tra ali di gente, tutti ci guardano sorridenti,come a dire che finché ci siamo noi c´è speranza, come fossimo fantasmi in questa società dove a sentir dire i giovani si disinteressano di politica...i bamboccioni si sono dati una mossa!!! I giovani, precari o no, studenti o meno, in piazza c´erano e con le idee chiare: vogliamo l´abrogazione della legge Moratti, saperi liberi per tutti/e, reddito formativo, una scuola nuova, costruita e riformata con l´aiuto di chi tra i banchi ci vive!
Raggiungiamo sulle note di Contessa una Piazza San Giovanni stracolma, i pronostici sono ampiamente superati, questa volta, dopo anni, i nostri ideali hanno vinto!!!
...eravamo stufi di accontentarci di pareggi...abbiamo atteso il 20 Ottobre 2007 e ci siamo presi la rivincita!
...22.30 Tiburtina...si riparte!!! Stanchi, distrutti, soddisfatti, felici, con gli album del manifesto e tanti pacchetti di figurine da aprire...con il cuore che sorride all´idea di poter dire "Io c´ero!" quando si parlerà di quello storico pomeriggio in cui la base è stata ascoltata e la sinistra è nata...
Notte lunga, viaggio infinito, avvolti tra le bandiere della pace...l'ennesima avventura dei giovani militanti sognatori di questa sinistra che verrà sta per terminare...le forze per fare un bilancio ci sono ancora...Morfeo può aspettare!
I vincitori sono solo sognatori che non si sono mai arresi!!

Ilaria

lunedì 22 ottobre 2007

La Sinistra unita per cambiare tutto

Un treno carico di aspettative è partito da Milano all’alba di sabato. Una prova di determinazione già in partenza, un lungo viaggio che ha caricato ancora di più di significato questa magnifica giornata del 20 ottobre. Ci siamo ritrovati, ancora una volta, a condividere un pezzo della nostra vita, una condivisione fatta di idee, passioni, progetti, corpi e sentimenti che si mescolano e si contaminano tra di loro. Abbiamo sperimento, anche nella piccolezza di una carrozza di un treno nuove forme di socialità, occupazione di diversa degli spazi, vivibilità sostenibile, insomma tutte quelle pratiche che caratterizzano la nostra lotta.
Abbiamo lasciato a casa la precarità del nostro vivere quotidiano e per un giorno abbiamo vissuto in un’oasi, un’oasi che in piazza della Repubblica si è mostrata bagnata da un mare rosso di bandiere. Bandiere che ancora recavano i simboli che ricordavano le nostre divisioni: bandiere che nel nostro cuore speriamo che presto siano tutte uguali, tutte rosse come sabato a Roma. Ci siamo tuffati in questo mare e siamo andati a conoscere i compagni e le compagne da cui troppo spesso ci siamo divisi, ma che da ora saranno al nostro fianco nelle nostre lotte. Passare in mezzo al corteo e guardare in faccia tutte quelle persone è stata un’emozione fortissima, la materalizzazione di una speranza di unità che forse, per una volta, sarebbe diventata realtà. Svettavano in mezzo alle altre le bandiere di Sinistra Democratica, della CGIL ribelle all’editto di Epifani, dei compagni e delle compagne del No Dal Molin, che erano in piazza insieme a noi, con le loro bandiere bianche che ci ricordano un’idea fondamentale, che tutti dobbiamo sempre avere in mente: ASCOLTARE LA BASE NON COSTRUIRLA.
E poi gli studenti, i e le giovani precari/e, insomma i giovani tutti e le giovani tutte. La vera anima del corteo, nonostante fossero stati relegati (come al solito) in fondo. L’anima colorata, l’anima passionale, l’anima di chi ogni giorno lotta per stabilizzare la propria vita precaria di studente e di lavoratore. Siamo arrivati in tanti portando le nostre esperienze di unità e di confronto tra le sinistre, abbiamo portato in piazza le nostre sperimentazioni che vogliono dare una risposta ad un presunto calo di partecipazione e al disinteresse crescente dei ragazzi e delle ragazze alla politica. Abbiamo dimostrato che i e le giovani d’oggi ci sono, e vogliono una sinistra unita e forte, che possa veramente cambiare con il conflitto sociale un mondo che ormai ci sta stretto.
Un’altro mondo ormai non è solo possibile, è necessario, e lo diventa sempre di più ogni giorno che passa. Siamo giovani e siamo piene di speranze: non abbiamo nessuna intenzione di assoggetarci alle logiche neoliberiste di centrodestra e di centrosinistra.
Noi vogliamo costruire una sinistra vera, una sinistra che risponda ai bi-sogni che ognuno di noi ha. Reclamiamo i nostri diritti, chiediamo saperi liberi per tutti/e, reddito formativo, un lavoro che dia dignità al nostro stare nella società, vogliamo vivere le nostre relazioni e la nostra sessualità senza gabbie vincolanti.
Siamo arrivati in piazza S. Giovanni quando ormai era già buio, stanchi, provati, ma soddisfatti di una giornata che ha segnato un momento epocale per la sinistra italiana. Quando si racconterà, noi potremmo dire “Io ero lì a costruire la Sinistra”. La musica ci ha dato la forza per resistere gli ultimi momenti al gelo della piazza, mentre pian piano la gente si disperdeva, con il sorriso sul viso per aver fatto qualcosa di importante quel giorno.
Siamo arrivati sul treno e, stremati, ci siamo buttati sui sedili, volendo soltanto dormire. Ma l’entusiamo ha permesso i primi commenti, e il sonno l’abbiamo visto molte ore dopo.
Di una cosa siamo certi: abbiamo ancora molte energie per continuare a portare il conflitto nei nostri territori. Non ci troverete mai veramente addormentati, saremo sempre pronti a lottare .
Nessuno abbia paura, vogliamo cambiare tutto.

Luca

sabato 20 ottobre 2007

NO agli OGM, perché…

“Italia ed Europa liberi da Ogm (Organismi geneticamente modificati)” è il titolo della consultazione nazionale promossa da una trentina di associazioni e imprese, tra cui: Wwf, Coop, Libera, Legambiente, Greenpeace, Federconsumatori, Acli, Codacons, Cna Alimentare, Confartigianato e molte altre ancora.
Anche Ecobio, associazione ambientalista, ha aderito a questa iniziativa, organizzando, in collaborazione con i GC (Giovani comunisti) di Milano e Provincia e con la Coop di Vignate, banchetti informativi sul territorio vignatese e non.
Ma quali sono i motivi di questa campagna? Perché tutte queste associazioni non vogliono gli Ogm? Quali sono i pro e i contro di questo tipo di sementi?
La complessità del problema è notevole e le opinioni a riguardo sono contrastanti, perciò ci siamo documentate approfonditamente e abbiamo cercato di rendere più semplici ed accessibili le informazioni che abbiamo appreso, pur se con notevoli difficoltà.

TANTE RAGIONI PER UNA CAMPAGNA
Le ragioni di questa campagna sono, innanzitutto, di promuovere uno sviluppo dell’agroalimentare italiano “moderno, innovativo, mirato alla qualità della vita e della nostra salute, attento alla biodiversità, sicuro e rispettoso dell’ambiente e del clima”, oltre che della qualità dei prodotti. Gli Ogm sono incompatibili con questi obiettivi, in quanto sono “economicamente non convenienti e, per di più, ci priverebbero, omologandoci, della eccezionale originalità dei nostri prodotti”.
Gli Ogm sono vegetali in cui è stata inserita una parte del Dna di altre piante o animali, a livello genetico. Questo viene fatto con lo scopo di rendere il vegetale di partenza più resistente a condizioni sfavorevoli, come ad esempio situazioni climatiche proibitive per la sua crescita. Perciò è molto diverso dagli innesti, che vengono praticati da centinaia di anni da contadini di tutto il mondo, per migliorare le specie vegetali, senza modificare il corredo genetico della pianta in laboratorio.
Questi nuovi interventi sono un attacco alla biodiversità, cioè alla diffusione di un ampio numero di varietà diverse per ogni specie vegetale, in quanto selezionano pochi tipi di sementi per la coltivazione in ogni zona del mondo. Non sono più le varietà vegetali ad adattarsi naturalmente a climi e ambienti, e a regalarci sapori, forme, colori e contenuti nutrizionali diversi per le varie latitudini della Terra, ma si creano in laboratorio poche specie adatte per ogni luogo, impoverendo così l’ecosistema, oltre che la nostra tavola. Infatti, uno degli obiettivi dell’ingegneria genetica è quello di creare varietà vegetali contenenti vaccini o nutrienti che non sono presenti in natura in quella pianta.
Così, prima o poi, rischiamo di trovare un solo tipo di mele, uno solo di insalata: quella geneticamente modificata. Il contrario della biodiversità, la grande varietà di specie presenti in natura, che va salvaguardata.

MOLTI RISCHI PER LA SALUTE
Noi abbiamo ancora altri motivi per opporci fermamente agli Ogm.
Sebbene le aziende produttrici sostengano che gli Ogm non abbiano bisogno di fitofarmaci e diserbanti, dannosi per la salute e per l’ambiente, perché sono più forti delle piante allo stato naturale, molti studi dimostrano il contrario. Gli Ogm infatti possono essere coltivati solo con l’utilizzo di specifiche sostanze chimiche e provocano molti più danni rispetto alle coltivazioni convenzionali.
Secondo alcuni studi, a causa di componenti di Dna usati per modificare geneticamente certe piante, gli Ogm aumentano il rischio di reazioni allergiche e autoimmuni; potrebbero avere un’azione cancerogena o causare intossicazioni o tossicità a vari livelli (neurologico, respiratorio, gastrointestinale, ematologico e genetico), oltre a un aumento del rischio di avere aborti spontanei.
Infatti, il Dna degli Ogm sopravvive al processo digestivo e potrebbe trasferirsi nel nostro patrimonio genetico.
Corriamo questi rischi non solo consumando vegetali Ogm, ma anche mangiando carni e alimenti derivati da animali che sono stati nutriti con mangimi contenenti Ogm, come avviene in molti allevamenti.

... NON SOLO UMANA
Anche gli animali, attraverso la catena alimentare, subiscono effetti simili a quelli umani, a causa del contatto con gli Ogm. I più colpiti sono gli insetti, soprattutto quelli utili per l’agricoltura, e i lombrichi, ai quali alcune delle sostanze usate per produrre Ogm possono provocare un’alta mortalità o seri danni intestinali. Inoltre, possono inibire funghi e batteri benefici per il terreno.
I danni si estendono al regno vegetale: i semi geneticamente modificati possono “contaminare” i campi vicini, coltivati con sementi “naturali”, rendendoli sterili o trasferendo loro il Dna modificato. È questa la ragione della forte resistenza alla cosiddetta sperimentazione “in campo aperto”.

PERCHE' FIRMARE
Da un punto di vista socio-economico, gli Ogm rendono i contadini dipendenti dalle aziende produttrici, in quanto i semi modificati geneticamente sono sterili, per cui non è possibile produrre da sé la semenza per l’anno seguente. In più, necessitano di specifici prodotti per la coltivazione, che tra l’altro impediscono la coltivazione col metodo della lotta integrata o comunque con un minor utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.
Secondo le aziende produtrici, la sterilità dei semi Ogm è una cosa positiva, poiché evita la diffusione dei pollini geneticamente modificati. Cosa che, come si è visto prima, avviene ugualmente.
Perciò, se gli Ogm venissero liberalizzati, non avremmo alcun modo per proteggerci dalle loro possibili conseguenze.
Tutte queste ragioni ci paiono più che sufficiente per rifiutare in toto gli Ogm e aderire a questa campagna, chiedendovi di fare altrettanto, firmando la petizione.

Martina