La moratoria contro l'aborto lanciata da Giuliano Ferrara sull'onda delle moratoria contro la pena di morte si configura come l'ennesimo pesante attacco alla legge 194.
La questione aborto viene sempre affrontata sull'opportunità di modificare o meno l'attuale legislazione. Non ci si pone il problema di mantenere l'obiettivo che ha ispirato la legge del 1978, ridurre il numero di aborti. Obiettivo che per altro da allora ha pienamente raggiunto.
Proviamo ad osservare la situazione e cerchiamo di pensare ai motivi che spingono una donna a decidere di abortire. Non si riuscirà certo ad essere esaustivi, però alcune ipotesi si possono fare.
Ipotizziamo innanzitutto un aborto non terapeutico.
Primo caso: una donna subisce violenza sessuale, da chiunque provenga, rimane incinta e decide di abortire. Credo che qua nessuno abbia qualcosa da obiettare, l'aborto è più che legittimo. Perlomeno la possibilità di abortire.
Secondo caso: per motivi diversi, che possono essere metodi anticoncezionali che non funzionano a dovere oppure un'eccessiva disattenzione, una giovane donna rimane incinta. Si trova di fronte ad una scelta. Tenere o meno il bambino, o almeno così si dice. I problemi che sorgono a questo punto sono tanti. Un bambino è una scelta difficile, e non solo perché viviamo una società dove le relazione affettive si formano e si sciolgono forse con fin troppa facilità. La scelta è difficile perché per decidere di tenere un bambino è necessario anche poterselo permettere. Avere un bambino ormai è diventato un lusso. E questo fa sì che anche le donne che hanno un desiderio di maternità sono costrette a rimandarlo a momenti migliori. Una decisione che sempre più spesso le donne sono costrette a prendere anche quando non sono più giovani e magari hanno già avuto un figlio. Un altro peserebbe eccessivamente sull'economia della famiglia. Quale può essere dunque una soluzione per contrastare l'aborto in questo caso? La possibilità per le giovani coppie di mettere su famiglia avendo un futuro assicurato, non incerto e precario come quello che hanno oggi, che rende assolutamente impossibile qualsiasi progetto a lungo termine. E poi il sostegno alle famiglie con bambini piccoli, non solo e non tanto economico, ma sociale, con servizi per l'infanzia che garantiscano ai genitori di crescere il loro figlio serenamente. Solo così possono diminuire questo tipo di aborti.
Terzo caso: ci sono donne che usano l'aborto come se fosse un metodo anticoncezionale. Non si preoccupano, cioè, di utilizzare qualsiasi tipo di precauzione, tanto, dicono, posso sempre abortire. E allora qui c'è un problema di cultura ed educazione, causato dalla mancanza di coraggio quando si parla di sessualità, un tema considerato ancora tabù e di cui bisogna parlare sottovoce. Quando potremo urlare che la maggior parte dei giovani fa l'amore senza fini procreativi e deve imparare come proteggersi e come utilizzare metodi anticoncezionali sicuri, quando nelle scuole si spiegherà seriamente l'importanza dell'utilizzo delle contraccezioni, solo allora si potranno ulteriormente diminuire il numero di aborti.
Un ultimo piccolo accenno sull'aborto terapeutico: è facile dire che anche se il bambino è malato, o anche se il parto è un rischio per la donna, il bambino deve nascere lo stesso. Innanzitutto, anche per i potenziali genitori di bambini malati alla nascita sicuramente influenza nella scelta il ragionamento economico: con l'attuale incertezza non si può mantenere un figlio sano, figuriamoci uno malato. E poi siamo sicuri che l'egoismo sia non farlo nascere quel bambino, o piuttosto farlo nascere e farlo vivere una vita di sofferenze? Ed evitare parti che potrebbero essere rischiosi per la madre significa tutelare una vita che già c'è invece che una vita che potrebbe, forse, essere, sempre che tutto vada bene.
Qua non possiamo sicuramente esaurire tutta la casistica possibile di cause di aborto. Ma possiamo provare a cambiare il punto di vista, invece che vietare l'aborto per legge, creiamo le condizioni perché nessuna donna e nessuna coppia sia spinta verso questa scelta.
Smettiamo quindi di definire la posizione di Ferrara anti-abortista. E' assolutamente pro-aborto. Basta che sia illegale.
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mercoledì 13 febbraio 2008
sabato 19 gennaio 2008
Politica e Religione
“Benedetto XVI inagura l’anno accademico a “La Sapienza” di Roma”; “Il Papa lancia la moratoria contro l’aborto”...
...ma lo Stato non dovrebbe essere laico?
I papi hanno sempre cercato di imporre la religione a tutti i cittadini italiani. Sebbene mi sconcerti parecchio l’apertura dello Stato, laico, verso questa cosa e la mancata indignazione dei miei coetanei atei verso questi tentativi di limitazione della nostra libertà, mi sconcerta ancor di più che un capo religioso tenti di imporre quello che è, o che dovrebbe essere, un percorso personale. Io non sono atea né cattolica, ma credo che imporre il percorso religioso sia la cosa più sbagliata. O la migliore, se si vuole svilire un qualcosa di così importante, di così profondo. Per me la religione e le scelte ad essa conseguenti, sono uno dei punti fondamentali della sfera privata dell’esistenza umana, dell’essere umano nella sua individualità, particolarità. La scelta di una famiglia di “accogliere tutti i figli mandati da Dio” è, non soltanto rispettabile, ma ammirabile. Lo è in quanto scelta personale, e così deve essere. Se ad esempio un individuo che non capisce l’importanza che viene data dai cattolici alla verginità ne è costretto, la vivrà come una cosa negativa, al contrario di chi la sente come una cosa sua e lo fa per scelta.
La religione imposta non è più degna di essere chiamata tale, in quanto viene snaturata. La costrizione a delle pratiche religiose, allontana chi è forzato da ciò che è autore di tale costrizione, e quindi dei suoi patimenti: la persona costretta ad osservare il vincolo della verginità fino al matrimonio senza comprenderne il significato religioso, si allontanerà dalla fede e la giudicherà anche in altri ambiti con pregiudizi negativi, ne rifiuterà le riflessioni anche quando sarebbero condivisibili. È un peccato suscitare questi pregiudizi, e non credo che il Papa non lo capisca o che non si sia posto il problema. Perché lo fa allora?
Inoltre, penso che sia una cosa sbagliata anche perché ci sono diverse condizioni da considerare: non tutti si possono permettere, economicamente, di avere 5 o 6 figli.
Oltre a queste due, non trascurabili ragioni, penso che sia irrispettoso nei confronti delle altre fedi imporre la propria in uno Stato in cui ne convivono diverse. Che un ateo non rispetti una fede religiosa è grave, ma che lo faccia un religioso è paradossale: dovrebbe capire molto più dell’ateo le ragioni e le usanze dell’altro!
Per cui, imporre ad un’intera Nazione le scelte religiose, significa: svilire il significato intrinseco profondo della religione; non permettere il pieno sviluppo del percorso che porta ad una determinata convinzione o scelta; soffocare gli stessi bisogni religiosi dei credenti in altre fedi; prendere decisioni senza sapere le condizioni, anche solo economiche, di colui al quale si impone la suddetta decisione; far divenire principi e scelte nobili violenze verso chi ne è forzato; non rispettare le scelte degli atei in quanto tali e soprattutto in quanto individui.
È per questo che lo Stato, o meglio, che TUTTE LE COSE PUBBLICHE (UNIVERSITA' COMPRESA) DEVONO ESSERE LAICHE. È giusto e “vantaggioso” per chi non è religioso, ma, a parer mio, soprattutto per chi lo è.
Martina
...ma lo Stato non dovrebbe essere laico?
I papi hanno sempre cercato di imporre la religione a tutti i cittadini italiani. Sebbene mi sconcerti parecchio l’apertura dello Stato, laico, verso questa cosa e la mancata indignazione dei miei coetanei atei verso questi tentativi di limitazione della nostra libertà, mi sconcerta ancor di più che un capo religioso tenti di imporre quello che è, o che dovrebbe essere, un percorso personale. Io non sono atea né cattolica, ma credo che imporre il percorso religioso sia la cosa più sbagliata. O la migliore, se si vuole svilire un qualcosa di così importante, di così profondo. Per me la religione e le scelte ad essa conseguenti, sono uno dei punti fondamentali della sfera privata dell’esistenza umana, dell’essere umano nella sua individualità, particolarità. La scelta di una famiglia di “accogliere tutti i figli mandati da Dio” è, non soltanto rispettabile, ma ammirabile. Lo è in quanto scelta personale, e così deve essere. Se ad esempio un individuo che non capisce l’importanza che viene data dai cattolici alla verginità ne è costretto, la vivrà come una cosa negativa, al contrario di chi la sente come una cosa sua e lo fa per scelta.
La religione imposta non è più degna di essere chiamata tale, in quanto viene snaturata. La costrizione a delle pratiche religiose, allontana chi è forzato da ciò che è autore di tale costrizione, e quindi dei suoi patimenti: la persona costretta ad osservare il vincolo della verginità fino al matrimonio senza comprenderne il significato religioso, si allontanerà dalla fede e la giudicherà anche in altri ambiti con pregiudizi negativi, ne rifiuterà le riflessioni anche quando sarebbero condivisibili. È un peccato suscitare questi pregiudizi, e non credo che il Papa non lo capisca o che non si sia posto il problema. Perché lo fa allora?
Inoltre, penso che sia una cosa sbagliata anche perché ci sono diverse condizioni da considerare: non tutti si possono permettere, economicamente, di avere 5 o 6 figli.
Oltre a queste due, non trascurabili ragioni, penso che sia irrispettoso nei confronti delle altre fedi imporre la propria in uno Stato in cui ne convivono diverse. Che un ateo non rispetti una fede religiosa è grave, ma che lo faccia un religioso è paradossale: dovrebbe capire molto più dell’ateo le ragioni e le usanze dell’altro!
Per cui, imporre ad un’intera Nazione le scelte religiose, significa: svilire il significato intrinseco profondo della religione; non permettere il pieno sviluppo del percorso che porta ad una determinata convinzione o scelta; soffocare gli stessi bisogni religiosi dei credenti in altre fedi; prendere decisioni senza sapere le condizioni, anche solo economiche, di colui al quale si impone la suddetta decisione; far divenire principi e scelte nobili violenze verso chi ne è forzato; non rispettare le scelte degli atei in quanto tali e soprattutto in quanto individui.
È per questo che lo Stato, o meglio, che TUTTE LE COSE PUBBLICHE (UNIVERSITA' COMPRESA) DEVONO ESSERE LAICHE. È giusto e “vantaggioso” per chi non è religioso, ma, a parer mio, soprattutto per chi lo è.
Martina
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giovedì 6 dicembre 2007
Laicità e diritti civili
Segnaliamo l'intervento di Susanna Camusso all'assemblea plenaria degli Stati Generali della Sinistra milanese
Il tema è ovviamente complesso, ed avendo lo scopo di introdurre proverò a delinearne i caratteri senza sottrarmi al vantaggio di poter fare qualche provocazione.
Il tema della laicità pare sottoposto ad un progressivo ostracismo, basta pensare a quel bisogno compulsivo di collegarlo a qualche aggettivo che cerca di limitare il senso, la laicità buona, perché ce n’è una cattiva?
Oppure uso dell’ismo teso a valorizzare a diminuire il senso.
Vorrei invece provare a legarlo a quella che oggi mi pare l’essenza:
libertà, e per l’esattezza libertà di
che vi sia un nesso tra libertà e laicità, forse, è in qualche angolo delle menti riconosciuto.
[...] continua - Leggi tutto
Il tema è ovviamente complesso, ed avendo lo scopo di introdurre proverò a delinearne i caratteri senza sottrarmi al vantaggio di poter fare qualche provocazione.
Il tema della laicità pare sottoposto ad un progressivo ostracismo, basta pensare a quel bisogno compulsivo di collegarlo a qualche aggettivo che cerca di limitare il senso, la laicità buona, perché ce n’è una cattiva?
Oppure uso dell’ismo teso a valorizzare a diminuire il senso.
Vorrei invece provare a legarlo a quella che oggi mi pare l’essenza:
libertà, e per l’esattezza libertà di
- libertà di amare
- libertà di procreare e quindi di non farlo
- libertà di curarsi e quindi di non curarsi
- libertà di avere una fede e quindi di non averla
- libertà di progettare la propria vita con le scelte e la complessità della sfera di vita
- libertà di agire i propri diritti e quindi il riconoscimento che si hanno diritti di scelta
che vi sia un nesso tra libertà e laicità, forse, è in qualche angolo delle menti riconosciuto.
[...] continua - Leggi tutto
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