domenica 25 novembre 2007

Appello per una sinistra unitaria, contro le derive repressive

A proposito degli Stati Generali della Sinistra di Milano, aderiamo a questo appello

Abbiamo bisogno di una sinistra nuova, sociale, autonoma e aperta a chi vuole costruire un'alternativa al dominio dell'impresa, alla mercificazione delle nostre vite e all'organizzazione patriarcale della società. Pensiamo a una sinistra partecipata da soggetti e movimenti, reti e collettivi, ma anche da persone in carne ed ossa, singole e singoli, che stanno in soggetti già organizzati o che si riconoscono semplicemente nel progetto politico. Vogliamo una sinistra capace di mettere in luce le sue differenze, non per ricondurle a sintesi, ma per dialettizzarle e metterle a valore.

Attraverseremo gli Stati Generali delle sinistre di Milano con questo spirito, affinché  il loro percorso di costruzione sia il più partecipato possibile. Intendiamo intraprendere, nei tempi a cui siamo costretti, un percorso di quei tanti e tante che non vogliono rimanere a guardare, ma diventare protagonisti per il cambiamento.

Riteniamo  necessario che la sinistra rompa l'egemonia amico-nemico e si costruisca nella pratica, animando il conflitto contro la repressione e il securitarismo. Dobbiamo contrastare la deriva che trascina a destra la società italiana e, in particolar modo, quella di Milano, che ormai da tantissimi anni costituisce un laboratorio in negativo. Il Partito Democratico e pezzi di società chiedono l'inasprimento generale delle pene e trasformano comportamenti sociali in reato; la percezione di insicurezza costruita dai media spinge alla criminalizzazione dei migranti e delle differenze sessuali, e all'equiparazione di writers, manifestanti e consumatori di sostanze stupefacenti alla macrocriminalità. Siamo convinti che la prima e vera insicurezza sia la precarietà del lavoro e delle nostre esistenze, così come riteniamo che la sinistra debba avere anche la capacità di dare risposte efficaci, garantiste e non discriminatorie per tutelare, anzitutto con strumenti di prevenzione, la sicurezza di tutti e tutte in ogni suo aspetto.

Per noi che vogliamo costruire una nuova sinistra, la sicurezza passa, innanzitutto, anche se non solo, attraverso il welfare, la riqualificazione dei quartieri popolari e politiche non proibizioniste, capaci di promuovere la cittadinanza, l'inclusione e nuove forme di aggregazione nelle periferie e nei luoghi bui della nostra metropoli; passa attraverso la denuncia e la lotta contro la nascita di centri di reclutamento dell'estrema destra xenofoba e razzista, che a Milano ha trovato il suo triste epilogo in "Cuore Nero".

Per queste ragioni proponiamo il tema della Sicurezza Sociale come uno degli elementi centrali della discussione, capace di attraversare gli Stati Generali della sinistra milanese, convocando un incontro preparatorio da tenersi mercoledì 28, alle ore 21.00, al circolo Arci Métissage (via Borsieri, 2).

venerdì 16 novembre 2007

Perché il 17 non vado a Genova

Chiedo scusa a tutti e a tutte: a coloro che ci credono davvero, a chi ha vissuto l'esperienza di Genova sulla propria pelle, a tutto il Movimento dei Movimenti, a chi è davvero convinto.

Il problema è solo mio: il 17 novembre non sarò alla manifestazione di Genova perché non riesco a condividerla.

Badate bene, non sono i contenuti che metto in discussione, per carità, ma le pratiche e i modi, che rispecchiano il proprio modo di pensare la politica.

Lo so è una posizione difficile da sostenere, però questa volta proprio non ce la faccio. Mi sento male a dover tradire il Movimento dei Movimenti, ma penso che stia proprio sbagliando. Tutto.

Il G8 di Genova non l'ho vissuto direttamente sulla mia pelle, ero ancora troppo piccolo purtroppo, ma sono cresciuto con i racconti, le storie, i video e le foto di quei giorni. Le testimonianze dirette e indirette. Per me Genova è come la storia che il nonno o la nonna raccontano sempre, e che ormai hai imparato a memoria, nei minimi dettagli. Per quanto posso, quindi, le vicende di Genova le conosco un po'.

So che durante quei giorni tutti hanno un po' perso la testa: forze dell'ordine, black bloc, no global, manifestanti, cittadini. In certi casi non sappiamo neanche bene chi siano queste categorie. Si mescolavano tra di loro, in un unico calderone che portava quasi al tutti contro tutti. Solo che qualcuno era armato, altri no. E non erano solo le forze dell'ordine ad essere armate.

Genova non è stata solo mani bianche, e Genova non è stata solo black bloc. Ci sono tantissime sfumature in mezzo. Inutile riaprire la questione dei poliziotti infiltrati, è abbastanza sicuro, dai filmati e dalla testimonianze, che c'erano poliziotti travestiti da black bloc. Ma questo non mi basta per dire che erano tutti poliziotti, al massimo mi basta per pensare che facessero gioco alla polizia, e che per questo non li ha arrestati. E non sono solo i black bloc. Purtroppo, come al solito, molti ne hanno approfittato per scatenare la propria rabbia repressa, danneggiando soprattutto i compagni che stavano manifestando pacificamente. Questa cosa mi irrita moltissimo e costituisce per me una colpa gravissima, perché ha coinvolto innocenti negli scontri. La polizia ha la responsabilità di avere pur sempre un ruolo e una funzione di tutela dell'ordine pubblico e di non potersi quindi permettere di alzare il livello del conflitto in modo così spregiudicato come ha fatto a Genova. Ma sono anche da chiarire quali sono le responsabilità di un movimento che non ha saputo evitare la provocazione ed ha voluto a tutti i costi sfondare la zona rossa, alzando così la tensione e la possibilità di scontri. Nessuno vuole togliere le colpe alle forze dell'ordine, anzi, ma penso che bisogna sempre essere senza colpe per poter giudicare qualcuno.

Anche per questo, continuo a pensare che Genova non sia stata la nascita del più grande movimento dopo quello del Sessantotto. Primo, perché non sono sicuro che possano essere paragonabili, avendo caratteristiche così diverse ed essendo quello del 2001 un movimento così disunito ed eccessivamente etereogeneo, incapace di capire e prevenire i rischi di una provocazione evidente. Secondo, perché il Movimento dei Movimenti non è nato a Genova, lì si è solo manifestato per la prima volta in maniera corposa, ma è nato da un lungo percorso che era partito molti anni prima. Un percorso fatto di assemblee, riunioni, incontri, confronti e scontri civili, non di scontri di piazza, distruzioni e devastazioni. Io preferisco ricordare Porto Alegre o Firenze piuttosto che Genova, preferisco ricordare la grande partecipazione attiva piuttosto che i giorni dello scontro. L'immagine del G8 di Genova è legata alla fase più dura per il movimento, tanto che non si mai più parlato del G8 negli anni a venire quanto in quei difficilissimi giorni.

Qualche perplessità mi fa nascere anche l'origine del primo appello per la manifestazione di Genova, firmato da una serie di realtà che più di una volta hanno mostrato atteggiamenti violenti in piazza, cosa che io non tollero perché lede il diritto a manifestare che ha ogni cittadino pacifico, pacifista, nonviolento o magari semplicemente educato. Certo, d'altro tenore è l'appello che è nato quando alla manifestazione hanno aderito i partiti e le organizzazioni istituzionali, ma mi è sembrata troppo una forzatura, un voler e dover salire sul carrozzone quando questo era già partito.

A testimoniare la grande confusione che è stata fatta su questa manifestazione, l'intervento di SupportoLegale, che rivendica la “paternità” del corteo, ma chiarisce di essere contrario alla commissione parlamentare d'inchiesta, che invece molte altre organizzazioni che parteciperanno alla manifestazione stanno chiedendo a gran voce, tanto da farne il tema della protesta. Insomma, ci si ritroverà, come tante altre volte, in piazza per motivi diversi, quasi opposti. E per questo motivo, non avendo le idee chiare, io non vado a Genova.

Io non vado a Genova perché non voglio rischiare di appoggiare chi si è sentito legittimato a picchiare e distruggere solo perché l'aveva già fatto la polizia. Non è questo il mio metodo, neanche quando picchiano me o miei amici, di certo non mi sfogo su una vetrina o un cassonetto, o un poliziotto che non è colpevole del mio pestaggio. La violenza genera solo violenza.

Io non vado a Genova perché qualcuno ha detto chiaramente che non si va a manifestare per dire che “un altro mondo è possibile”, quello per cui tutti noi lottiamo ogni giorno, ma per chiedere la commissione parlamentare d'inchiesta, che condivido, e la cancellazione dell'accusa di devastazione e saccheggio a 25 compagni, molto probabilmente innocenti, per un totale di 225 anni di carcere.

E qui una cosa mi scandalizza: la mancanza di volontà di far chiarezza su un momento di sospensione della democrazia e dello Stato di Diritto in Italia, una mancanza di volontà che insabbia la commissione d'inchiesta e processa compagni presi a caso, solo per trovare qualche colpevole. Che non sono tra loro, io ne sono sicuro, ma ci sono. Colpevoli ce ne sono da entrambe le parti.

Scusatemi, ma io non ce la faccio, non sto né con la polizia né con i no global, né con i manganelli, né con gli scudi di plexigas. E' vero che un estintore non può giustificare una pistola, ma io continuo a pensare che nemmeno una pistola può giustificare un estintore.
Io ho sempre paura ad invocare la legittima difesa. E' un concetto giuridico a doppio taglio, da usare con molta delicatezza. Per questo non mi azzardo a pensare che se uno viene malmenato dalle forze dell'ordine sia autorizzato a fare tutto quello vuole. La rabbia è stata sfogata non solo contro il poliziotto che picchiava, ma contro tutta la città e chiunque capitasse lì intorno. Qualche scontro non giustificano le bottiglie che sono state lanciate dalle retrovie contro la polizia schierata e che hanno provocato le cariche, esponendo così i compagni delle prime file ad un rischio enorme. Così come qualche cassonetto dell'immondizia spostato per ripararsi non giustificano i sassi lanciati vigliaccamente dalle retrovie dai capi pattugli della polizia. E' chiaro che quando uno si sente minacciato, attacca: uno tira fuori la pistola, l'altro imbraccia l'estintore. La colpa è di tutti e due, perché nessuno dei due avrebbe dovuto avere un'arma propria o impropria in mano. E' vero poi che l'estintore non avrebbe mai ucciso vista la distanza di tiro che c'era, ma pensate ad un giovane ragazzo che si trova in una situazione del genere.

E qui arriviamo al punto. La colpa in realtà è di chi ha fatto sì che questa situazione accadesse. Di chi ha architettato tutto per far salire lo scontro. Di chi ha pensato di sfruttare il G8 e la protesta dei movimenti per il proprio interesse. Di chi ha costruito la trappola nella quale è caduto il movimento dei movimenti. Per questo è indispensabile la commissione parlamentare di inchiesta, affinché accerti le responsabilità politiche dei fatti di Genova.

In tutto questo scenario recentemente si sono aggiunti gli ultras, una realtà completamente diversa dai movimenti, ma che potrebbe unirsi alla manifestazione di Genova, su una base comune non molto chiara (l'odio per la polizia?) e con tanta voglia di vendicarsi violentemente della repressione che stanno subendo. Un'altra variabile da considerare, che potrebbe fare impazzire il tutto.

Io non penso che i manifestanti di sabato saranno tutti violenti, anzi, non ho paura che ci siano scontri. Ma una paura ce l'ho.

Ho paura che il 17 novembre sia un'altra trappola per il movimento. Che diventi un vicolo cieco dal quale non si riuscirà ad uscire. Un modo come un altro per aumentare il clima di tensione che sta crescendo in questi mesi. E noi stiamo ricadendo nella trappola.

ChiAmaLa Sinistra

lunedì 12 novembre 2007

Proposta per un Manifesto per la Conoscenza

Segnaliamo la proposta di un Manifesto per la Conoscenza fatta da alcuni politici della Sinistra milanese e appoggiato da alcuni/e lavoratori/trici e studenti/tesse del Mondo della Conoscenza


MANIFESTO PER LA CONOSCENZA


Un bene comune


La conoscenza, premessa, veicolo, obiettivo di democrazia è un bene comune e, come
l’acqua, indispensabile alla vita .


I saperi, le culture e il loro incontro promuovono cittadinanza, danno dignità e
speranza alle donne e agli uomini di ogni paese.


Il diritto di cittadinanza trova concretezza anche tramite il diritto allo studio che si attua in una scuola intesa come luogo privilegiato di relazioni e saperi, formali e informali, tra generi e generazioni


Una scuola che accanto ad una garanzia di accesso si pone l’obiettivo di superare le disuguaglianze (sociali, di genere, di territorio), le diversità vissute come discriminazione, la disparità dell’offerta formativa.


Una scuola aperta a tutte e a tutti.


Una scuola che, attraverso un’educazione permanente, accompagni e sostenga con competenza la piena realizzazione della persona rendendola protagonista della sua vita e delle sue scelte.


Una scuola pubblica, laica, democratica: la scuola della Costituzione.


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domenica 4 novembre 2007

Vorremmo sentirci meno soli - una posizione controcorrente nella Sinistra unitaria

Siamo ragazzi della Sinistra milanese. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo l'esperienza del movimento studentesco, e in certi casi proviamo a vivere anche l'esperienza di partito.
Nonostante le nostre “scelta di campo”, siamo confusi, così come ci sembra confusa la situazione politica italiana a sinistra del Partito Democratico.

Ci sentiamo in controtendenza, perché pensiamo che tutti i servizi essenziali debbano essere pubblici, che la scuola debba essere una priorità assoluta, ma anche che writers e teppistelli vari che la sinistra tende a difendere siano soltanto dei viziati.

Non abbiamo vissuto gli anni giusti per sostenere il Solidarnosc, ed essere accusati per questo, però spesso ci troviamo a metà strada, e ci ritroviamo classificati da alcuni nostri compagni come “perdutamente di destra” quando proviamo a dire che alla fine la TAV può anche essere utile al nostro Paese, si tratta più che altro di farla bene nel rispetto del territorio, non di opporsi in maniera assoluta, oppure quando facciamo notare che gli esami di riparazione non sono forse la proposta migliore che Fioroni poteva fare, però almeno tentano di risolvere il problema degli appiattimento dell’istruzione, reintrotucendo la meritocrazia per impedire lo scandalo di studenti promossi senza sapere nulla, oppure ancora quando pensiamo che la sicurezza non sia un’esclusiva della destra, basta che venga affrontata con interventi seri e programmati a lungo termine e non con le soluzioni spot di Domenici.
Pensiamo che le posizioni chiuse ed estreme della Sinistra cosiddetta “radicale” a proposito di questi temi siano tra i problemi più gravi che pregiudicano lo sviluppo di una sinistra sociale “vera” in Italia. Troppo spesso rimaniamo sconvolti a sentire parlare alcuni esponenti della sinistra “radicale”, come Caruso, che troppo spesso sentiamo lontano da noi. Temiamo che non si crei una vera alternativa ad altri trent’anni di malgoverno democristiano.

Abbiamo scelto di quale giovanile di partito far parte, è vero, ma, forse convinti dalle continue voci dei nostri compagni, ci chiediamo ogni giorno se non sia il caso di spostarci più a destra, se fare la destra di un partito o l’estrema sinistra di un altro, se creare l’ennesima correntina che questa volta gioca però ad uscire a destra anziché a sinistra. Ma non pensiamo che questo possa essere utile. Solo con una vera unità a Sinistra crediamo si possa cambiare veramente qualcosa.

Siamo tra le poche persone che scelgono ancora di essere dei veri militanti, non importa se in un partito o fuori, tra i pochi sopravvissuti ancora convinti di poter determinare il futuro del mondo con le proprie idee e le proprie azioni, un po’ come quando alla fine degli anni '80 di pensava far cadere il muro di Berlino dall'Italia. Ma ci troviamo imbrigliati in una stagione politica che altro non è che un groviglio di partiti e politichese contro il quale troppo spesso ci troviamo a combattere, a volte anche senza volerlo. Vorremmo distruggere questo sistema politico, superando la forma classica che anche il nostro partito ha e creando qualcosa di nuovo che sia realmente partecipato. Vorremmo cambiare il mondo, ma ci rendiamo conto che prima di tutto dobbiamo cambiare noi stessi, il nostro partito, le nostre organizzazioni e la nostra politica.

Siamo giovani, e anche se dicono che oggi i giovani sono impigriti, noi siamo pieni di voglia di fare e tutte le difficoltà che siamo costretti a sopportare nella nostra vita politica di ogni giorno non sono ancora riuscite a far svanire l’entusiasmo che ci anima.
Non condividiamo il linguaggio del V-Day, alla politica vorremmo dare del Lei e possibilmente del Voi perché non accettiamo di condividere il linguaggio triviale e populista di quanti in questi anni si sono autoproclamati nuova politica. Fin dal primo momento che siamo venuti in contatto con la politica ci siamo chiesti se potevamo permetterci di essere comunisti, e l’unica risposta che abbiamo saputo darci è contenuta in una nota citazione: “Chiamiamo comunismo il movimento che abolisce lo stato di cose presente”. Allora sì, noi vogliamo abolire lo stato di cose presente.

Siamo senza bussola, senza un orientamento, un faro che ci guidi fuori da questa nebbia che avvolge la sinistra italiana. Non ci sentiamo pienamente rappresentati da nessun partito, e quello di cui facciamo parte lo vorremmo stravolgere completamente, anzi, forse è proprio per compiere questa “missione” che siamo ancora dentro. Chissà, ci siamo detti, magari i viandanti smarriti che si incontrano possono fare un pezzo di strada assieme, che non sarà la via perfetta, ma almeno sarà percorsa insieme. Con prudenza, naturalmente.

Ci piacerebbe poter condividere questi sentimenti con altre persone, con un commento a questo post, con una e-mail, con una serata davanti a una birra od un bicchiere di vino, o in qualsiasi altra forma chiunque ritenga congeniale.

Vogliamo provare a sentirci molto meno soli.


Ilaria e Luca