venerdì 16 novembre 2007

Perché il 17 non vado a Genova

Chiedo scusa a tutti e a tutte: a coloro che ci credono davvero, a chi ha vissuto l'esperienza di Genova sulla propria pelle, a tutto il Movimento dei Movimenti, a chi è davvero convinto.

Il problema è solo mio: il 17 novembre non sarò alla manifestazione di Genova perché non riesco a condividerla.

Badate bene, non sono i contenuti che metto in discussione, per carità, ma le pratiche e i modi, che rispecchiano il proprio modo di pensare la politica.

Lo so è una posizione difficile da sostenere, però questa volta proprio non ce la faccio. Mi sento male a dover tradire il Movimento dei Movimenti, ma penso che stia proprio sbagliando. Tutto.

Il G8 di Genova non l'ho vissuto direttamente sulla mia pelle, ero ancora troppo piccolo purtroppo, ma sono cresciuto con i racconti, le storie, i video e le foto di quei giorni. Le testimonianze dirette e indirette. Per me Genova è come la storia che il nonno o la nonna raccontano sempre, e che ormai hai imparato a memoria, nei minimi dettagli. Per quanto posso, quindi, le vicende di Genova le conosco un po'.

So che durante quei giorni tutti hanno un po' perso la testa: forze dell'ordine, black bloc, no global, manifestanti, cittadini. In certi casi non sappiamo neanche bene chi siano queste categorie. Si mescolavano tra di loro, in un unico calderone che portava quasi al tutti contro tutti. Solo che qualcuno era armato, altri no. E non erano solo le forze dell'ordine ad essere armate.

Genova non è stata solo mani bianche, e Genova non è stata solo black bloc. Ci sono tantissime sfumature in mezzo. Inutile riaprire la questione dei poliziotti infiltrati, è abbastanza sicuro, dai filmati e dalla testimonianze, che c'erano poliziotti travestiti da black bloc. Ma questo non mi basta per dire che erano tutti poliziotti, al massimo mi basta per pensare che facessero gioco alla polizia, e che per questo non li ha arrestati. E non sono solo i black bloc. Purtroppo, come al solito, molti ne hanno approfittato per scatenare la propria rabbia repressa, danneggiando soprattutto i compagni che stavano manifestando pacificamente. Questa cosa mi irrita moltissimo e costituisce per me una colpa gravissima, perché ha coinvolto innocenti negli scontri. La polizia ha la responsabilità di avere pur sempre un ruolo e una funzione di tutela dell'ordine pubblico e di non potersi quindi permettere di alzare il livello del conflitto in modo così spregiudicato come ha fatto a Genova. Ma sono anche da chiarire quali sono le responsabilità di un movimento che non ha saputo evitare la provocazione ed ha voluto a tutti i costi sfondare la zona rossa, alzando così la tensione e la possibilità di scontri. Nessuno vuole togliere le colpe alle forze dell'ordine, anzi, ma penso che bisogna sempre essere senza colpe per poter giudicare qualcuno.

Anche per questo, continuo a pensare che Genova non sia stata la nascita del più grande movimento dopo quello del Sessantotto. Primo, perché non sono sicuro che possano essere paragonabili, avendo caratteristiche così diverse ed essendo quello del 2001 un movimento così disunito ed eccessivamente etereogeneo, incapace di capire e prevenire i rischi di una provocazione evidente. Secondo, perché il Movimento dei Movimenti non è nato a Genova, lì si è solo manifestato per la prima volta in maniera corposa, ma è nato da un lungo percorso che era partito molti anni prima. Un percorso fatto di assemblee, riunioni, incontri, confronti e scontri civili, non di scontri di piazza, distruzioni e devastazioni. Io preferisco ricordare Porto Alegre o Firenze piuttosto che Genova, preferisco ricordare la grande partecipazione attiva piuttosto che i giorni dello scontro. L'immagine del G8 di Genova è legata alla fase più dura per il movimento, tanto che non si mai più parlato del G8 negli anni a venire quanto in quei difficilissimi giorni.

Qualche perplessità mi fa nascere anche l'origine del primo appello per la manifestazione di Genova, firmato da una serie di realtà che più di una volta hanno mostrato atteggiamenti violenti in piazza, cosa che io non tollero perché lede il diritto a manifestare che ha ogni cittadino pacifico, pacifista, nonviolento o magari semplicemente educato. Certo, d'altro tenore è l'appello che è nato quando alla manifestazione hanno aderito i partiti e le organizzazioni istituzionali, ma mi è sembrata troppo una forzatura, un voler e dover salire sul carrozzone quando questo era già partito.

A testimoniare la grande confusione che è stata fatta su questa manifestazione, l'intervento di SupportoLegale, che rivendica la “paternità” del corteo, ma chiarisce di essere contrario alla commissione parlamentare d'inchiesta, che invece molte altre organizzazioni che parteciperanno alla manifestazione stanno chiedendo a gran voce, tanto da farne il tema della protesta. Insomma, ci si ritroverà, come tante altre volte, in piazza per motivi diversi, quasi opposti. E per questo motivo, non avendo le idee chiare, io non vado a Genova.

Io non vado a Genova perché non voglio rischiare di appoggiare chi si è sentito legittimato a picchiare e distruggere solo perché l'aveva già fatto la polizia. Non è questo il mio metodo, neanche quando picchiano me o miei amici, di certo non mi sfogo su una vetrina o un cassonetto, o un poliziotto che non è colpevole del mio pestaggio. La violenza genera solo violenza.

Io non vado a Genova perché qualcuno ha detto chiaramente che non si va a manifestare per dire che “un altro mondo è possibile”, quello per cui tutti noi lottiamo ogni giorno, ma per chiedere la commissione parlamentare d'inchiesta, che condivido, e la cancellazione dell'accusa di devastazione e saccheggio a 25 compagni, molto probabilmente innocenti, per un totale di 225 anni di carcere.

E qui una cosa mi scandalizza: la mancanza di volontà di far chiarezza su un momento di sospensione della democrazia e dello Stato di Diritto in Italia, una mancanza di volontà che insabbia la commissione d'inchiesta e processa compagni presi a caso, solo per trovare qualche colpevole. Che non sono tra loro, io ne sono sicuro, ma ci sono. Colpevoli ce ne sono da entrambe le parti.

Scusatemi, ma io non ce la faccio, non sto né con la polizia né con i no global, né con i manganelli, né con gli scudi di plexigas. E' vero che un estintore non può giustificare una pistola, ma io continuo a pensare che nemmeno una pistola può giustificare un estintore.
Io ho sempre paura ad invocare la legittima difesa. E' un concetto giuridico a doppio taglio, da usare con molta delicatezza. Per questo non mi azzardo a pensare che se uno viene malmenato dalle forze dell'ordine sia autorizzato a fare tutto quello vuole. La rabbia è stata sfogata non solo contro il poliziotto che picchiava, ma contro tutta la città e chiunque capitasse lì intorno. Qualche scontro non giustificano le bottiglie che sono state lanciate dalle retrovie contro la polizia schierata e che hanno provocato le cariche, esponendo così i compagni delle prime file ad un rischio enorme. Così come qualche cassonetto dell'immondizia spostato per ripararsi non giustificano i sassi lanciati vigliaccamente dalle retrovie dai capi pattugli della polizia. E' chiaro che quando uno si sente minacciato, attacca: uno tira fuori la pistola, l'altro imbraccia l'estintore. La colpa è di tutti e due, perché nessuno dei due avrebbe dovuto avere un'arma propria o impropria in mano. E' vero poi che l'estintore non avrebbe mai ucciso vista la distanza di tiro che c'era, ma pensate ad un giovane ragazzo che si trova in una situazione del genere.

E qui arriviamo al punto. La colpa in realtà è di chi ha fatto sì che questa situazione accadesse. Di chi ha architettato tutto per far salire lo scontro. Di chi ha pensato di sfruttare il G8 e la protesta dei movimenti per il proprio interesse. Di chi ha costruito la trappola nella quale è caduto il movimento dei movimenti. Per questo è indispensabile la commissione parlamentare di inchiesta, affinché accerti le responsabilità politiche dei fatti di Genova.

In tutto questo scenario recentemente si sono aggiunti gli ultras, una realtà completamente diversa dai movimenti, ma che potrebbe unirsi alla manifestazione di Genova, su una base comune non molto chiara (l'odio per la polizia?) e con tanta voglia di vendicarsi violentemente della repressione che stanno subendo. Un'altra variabile da considerare, che potrebbe fare impazzire il tutto.

Io non penso che i manifestanti di sabato saranno tutti violenti, anzi, non ho paura che ci siano scontri. Ma una paura ce l'ho.

Ho paura che il 17 novembre sia un'altra trappola per il movimento. Che diventi un vicolo cieco dal quale non si riuscirà ad uscire. Un modo come un altro per aumentare il clima di tensione che sta crescendo in questi mesi. E noi stiamo ricadendo nella trappola.

ChiAmaLa Sinistra

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