Io c'ero!!!
...perchè non mi fermo mai, perché non ci siamo ancora arresi, perché contiamo di poter cambiare lo stato di cose presente, perchè questo Governo ancora tanto deve fare per l'istruzione, perchè la Conoscenza era stata dimenticata dall'Appello e noi siamo scesi in piazza per prenderci la rivincita colorando un corteo completamente rosso...niente polemica, non c'è tempo ora...e non c'è motivo...è stato un successo...nulla da dire!
...difficile scendere in piazza, difficile vincere le contraddizioni interne, difficilissimo da tesserata di un partito al governo spiegare a chi ti sta intorno che tu non sei incoerente scendendo in piazza, perché tu non andrai in piazza contro il tuo governo, ma per il vostro programma...se ne parlava da oltre un mese alle riunioni quasi quotidiane...si aveva timore...ma tanta tanta speranza!!!
Arrivo in Centrale alle 6, sveglia alle 5, davanti a me ho 8 ore di treno tra compagni, birre, discussioni politiche e non, sogni, considerazioni e tanta tanta voglia di cambiare il mondo, da sempre presente, ma ultimamente schiacciata dalle beghe politiche e di partito e da quel politichese ormai detestato da Morfeo perchè capace di riportarci alla nuda e cruda realtà strappandoci dal mondo dei sogni...
Arrivo a Roma alle 14.30, Tiburtina, in metro cantando Bandiera Rossa, si esce a Termini...una fiumana ROSSA...bandiere rosse ovunque con in mezzo simboli diversi...io, che faccio ancora fatica ad accettare di essere schedata sotto un simbolo, la bandiera l'ho lasciata a casa, forse anche perchè fare andare a fare il nuovo con il vecchio mi suonava male, con me c'è la storica bandiera della pace, quella comprata per essere appesa fuori sul balcone nel 2003, quella del lontano e storico corteo del 15 Febbraio...risalgo il corteo con la scusa di vendere il giornale, ottimo metodo x fare sottoscrizione in giorni come questo...non finisce più, non il giornale, la gente!!! Finisco le mie copie ancora prima di vedere la testa del corteo e torno verso lo spezzone studentesco, vivace, colorato, pieno di musica e vita...Proseguiamo a rilento tra ali di gente, tutti ci guardano sorridenti,come a dire che finché ci siamo noi c´è speranza, come fossimo fantasmi in questa società dove a sentir dire i giovani si disinteressano di politica...i bamboccioni si sono dati una mossa!!! I giovani, precari o no, studenti o meno, in piazza c´erano e con le idee chiare: vogliamo l´abrogazione della legge Moratti, saperi liberi per tutti/e, reddito formativo, una scuola nuova, costruita e riformata con l´aiuto di chi tra i banchi ci vive!
Raggiungiamo sulle note di Contessa una Piazza San Giovanni stracolma, i pronostici sono ampiamente superati, questa volta, dopo anni, i nostri ideali hanno vinto!!!
...eravamo stufi di accontentarci di pareggi...abbiamo atteso il 20 Ottobre 2007 e ci siamo presi la rivincita!
...22.30 Tiburtina...si riparte!!! Stanchi, distrutti, soddisfatti, felici, con gli album del manifesto e tanti pacchetti di figurine da aprire...con il cuore che sorride all´idea di poter dire "Io c´ero!" quando si parlerà di quello storico pomeriggio in cui la base è stata ascoltata e la sinistra è nata...
Notte lunga, viaggio infinito, avvolti tra le bandiere della pace...l'ennesima avventura dei giovani militanti sognatori di questa sinistra che verrà sta per terminare...le forze per fare un bilancio ci sono ancora...Morfeo può aspettare!
I vincitori sono solo sognatori che non si sono mai arresi!!
Ilaria
martedì 23 ottobre 2007
lunedì 22 ottobre 2007
La Sinistra unita per cambiare tutto
Un treno carico di aspettative è partito da Milano all’alba di sabato. Una prova di determinazione già in partenza, un lungo viaggio che ha caricato ancora di più di significato questa magnifica giornata del 20 ottobre. Ci siamo ritrovati, ancora una volta, a condividere un pezzo della nostra vita, una condivisione fatta di idee, passioni, progetti, corpi e sentimenti che si mescolano e si contaminano tra di loro. Abbiamo sperimento, anche nella piccolezza di una carrozza di un treno nuove forme di socialità, occupazione di diversa degli spazi, vivibilità sostenibile, insomma tutte quelle pratiche che caratterizzano la nostra lotta.
Abbiamo lasciato a casa la precarità del nostro vivere quotidiano e per un giorno abbiamo vissuto in un’oasi, un’oasi che in piazza della Repubblica si è mostrata bagnata da un mare rosso di bandiere. Bandiere che ancora recavano i simboli che ricordavano le nostre divisioni: bandiere che nel nostro cuore speriamo che presto siano tutte uguali, tutte rosse come sabato a Roma. Ci siamo tuffati in questo mare e siamo andati a conoscere i compagni e le compagne da cui troppo spesso ci siamo divisi, ma che da ora saranno al nostro fianco nelle nostre lotte. Passare in mezzo al corteo e guardare in faccia tutte quelle persone è stata un’emozione fortissima, la materalizzazione di una speranza di unità che forse, per una volta, sarebbe diventata realtà. Svettavano in mezzo alle altre le bandiere di Sinistra Democratica, della CGIL ribelle all’editto di Epifani, dei compagni e delle compagne del No Dal Molin, che erano in piazza insieme a noi, con le loro bandiere bianche che ci ricordano un’idea fondamentale, che tutti dobbiamo sempre avere in mente: ASCOLTARE LA BASE NON COSTRUIRLA.
E poi gli studenti, i e le giovani precari/e, insomma i giovani tutti e le giovani tutte. La vera anima del corteo, nonostante fossero stati relegati (come al solito) in fondo. L’anima colorata, l’anima passionale, l’anima di chi ogni giorno lotta per stabilizzare la propria vita precaria di studente e di lavoratore. Siamo arrivati in tanti portando le nostre esperienze di unità e di confronto tra le sinistre, abbiamo portato in piazza le nostre sperimentazioni che vogliono dare una risposta ad un presunto calo di partecipazione e al disinteresse crescente dei ragazzi e delle ragazze alla politica. Abbiamo dimostrato che i e le giovani d’oggi ci sono, e vogliono una sinistra unita e forte, che possa veramente cambiare con il conflitto sociale un mondo che ormai ci sta stretto.
Un’altro mondo ormai non è solo possibile, è necessario, e lo diventa sempre di più ogni giorno che passa. Siamo giovani e siamo piene di speranze: non abbiamo nessuna intenzione di assoggetarci alle logiche neoliberiste di centrodestra e di centrosinistra.
Noi vogliamo costruire una sinistra vera, una sinistra che risponda ai bi-sogni che ognuno di noi ha. Reclamiamo i nostri diritti, chiediamo saperi liberi per tutti/e, reddito formativo, un lavoro che dia dignità al nostro stare nella società, vogliamo vivere le nostre relazioni e la nostra sessualità senza gabbie vincolanti.
Siamo arrivati in piazza S. Giovanni quando ormai era già buio, stanchi, provati, ma soddisfatti di una giornata che ha segnato un momento epocale per la sinistra italiana. Quando si racconterà, noi potremmo dire “Io ero lì a costruire la Sinistra”. La musica ci ha dato la forza per resistere gli ultimi momenti al gelo della piazza, mentre pian piano la gente si disperdeva, con il sorriso sul viso per aver fatto qualcosa di importante quel giorno.
Siamo arrivati sul treno e, stremati, ci siamo buttati sui sedili, volendo soltanto dormire. Ma l’entusiamo ha permesso i primi commenti, e il sonno l’abbiamo visto molte ore dopo.
Di una cosa siamo certi: abbiamo ancora molte energie per continuare a portare il conflitto nei nostri territori. Non ci troverete mai veramente addormentati, saremo sempre pronti a lottare .
Nessuno abbia paura, vogliamo cambiare tutto.
Luca
Abbiamo lasciato a casa la precarità del nostro vivere quotidiano e per un giorno abbiamo vissuto in un’oasi, un’oasi che in piazza della Repubblica si è mostrata bagnata da un mare rosso di bandiere. Bandiere che ancora recavano i simboli che ricordavano le nostre divisioni: bandiere che nel nostro cuore speriamo che presto siano tutte uguali, tutte rosse come sabato a Roma. Ci siamo tuffati in questo mare e siamo andati a conoscere i compagni e le compagne da cui troppo spesso ci siamo divisi, ma che da ora saranno al nostro fianco nelle nostre lotte. Passare in mezzo al corteo e guardare in faccia tutte quelle persone è stata un’emozione fortissima, la materalizzazione di una speranza di unità che forse, per una volta, sarebbe diventata realtà. Svettavano in mezzo alle altre le bandiere di Sinistra Democratica, della CGIL ribelle all’editto di Epifani, dei compagni e delle compagne del No Dal Molin, che erano in piazza insieme a noi, con le loro bandiere bianche che ci ricordano un’idea fondamentale, che tutti dobbiamo sempre avere in mente: ASCOLTARE LA BASE NON COSTRUIRLA.
E poi gli studenti, i e le giovani precari/e, insomma i giovani tutti e le giovani tutte. La vera anima del corteo, nonostante fossero stati relegati (come al solito) in fondo. L’anima colorata, l’anima passionale, l’anima di chi ogni giorno lotta per stabilizzare la propria vita precaria di studente e di lavoratore. Siamo arrivati in tanti portando le nostre esperienze di unità e di confronto tra le sinistre, abbiamo portato in piazza le nostre sperimentazioni che vogliono dare una risposta ad un presunto calo di partecipazione e al disinteresse crescente dei ragazzi e delle ragazze alla politica. Abbiamo dimostrato che i e le giovani d’oggi ci sono, e vogliono una sinistra unita e forte, che possa veramente cambiare con il conflitto sociale un mondo che ormai ci sta stretto.
Un’altro mondo ormai non è solo possibile, è necessario, e lo diventa sempre di più ogni giorno che passa. Siamo giovani e siamo piene di speranze: non abbiamo nessuna intenzione di assoggetarci alle logiche neoliberiste di centrodestra e di centrosinistra.
Noi vogliamo costruire una sinistra vera, una sinistra che risponda ai bi-sogni che ognuno di noi ha. Reclamiamo i nostri diritti, chiediamo saperi liberi per tutti/e, reddito formativo, un lavoro che dia dignità al nostro stare nella società, vogliamo vivere le nostre relazioni e la nostra sessualità senza gabbie vincolanti.
Siamo arrivati in piazza S. Giovanni quando ormai era già buio, stanchi, provati, ma soddisfatti di una giornata che ha segnato un momento epocale per la sinistra italiana. Quando si racconterà, noi potremmo dire “Io ero lì a costruire la Sinistra”. La musica ci ha dato la forza per resistere gli ultimi momenti al gelo della piazza, mentre pian piano la gente si disperdeva, con il sorriso sul viso per aver fatto qualcosa di importante quel giorno.
Siamo arrivati sul treno e, stremati, ci siamo buttati sui sedili, volendo soltanto dormire. Ma l’entusiamo ha permesso i primi commenti, e il sonno l’abbiamo visto molte ore dopo.
Di una cosa siamo certi: abbiamo ancora molte energie per continuare a portare il conflitto nei nostri territori. Non ci troverete mai veramente addormentati, saremo sempre pronti a lottare .
Nessuno abbia paura, vogliamo cambiare tutto.
Luca
sabato 20 ottobre 2007
NO agli OGM, perché…
“Italia ed Europa liberi da Ogm (Organismi geneticamente modificati)” è il titolo della consultazione nazionale promossa da una trentina di associazioni e imprese, tra cui: Wwf, Coop, Libera, Legambiente, Greenpeace, Federconsumatori, Acli, Codacons, Cna Alimentare, Confartigianato e molte altre ancora.
Anche Ecobio, associazione ambientalista, ha aderito a questa iniziativa, organizzando, in collaborazione con i GC (Giovani comunisti) di Milano e Provincia e con la Coop di Vignate, banchetti informativi sul territorio vignatese e non.
Ma quali sono i motivi di questa campagna? Perché tutte queste associazioni non vogliono gli Ogm? Quali sono i pro e i contro di questo tipo di sementi?
La complessità del problema è notevole e le opinioni a riguardo sono contrastanti, perciò ci siamo documentate approfonditamente e abbiamo cercato di rendere più semplici ed accessibili le informazioni che abbiamo appreso, pur se con notevoli difficoltà.
TANTE RAGIONI PER UNA CAMPAGNA
Le ragioni di questa campagna sono, innanzitutto, di promuovere uno sviluppo dell’agroalimentare italiano “moderno, innovativo, mirato alla qualità della vita e della nostra salute, attento alla biodiversità, sicuro e rispettoso dell’ambiente e del clima”, oltre che della qualità dei prodotti. Gli Ogm sono incompatibili con questi obiettivi, in quanto sono “economicamente non convenienti e, per di più, ci priverebbero, omologandoci, della eccezionale originalità dei nostri prodotti”.
Gli Ogm sono vegetali in cui è stata inserita una parte del Dna di altre piante o animali, a livello genetico. Questo viene fatto con lo scopo di rendere il vegetale di partenza più resistente a condizioni sfavorevoli, come ad esempio situazioni climatiche proibitive per la sua crescita. Perciò è molto diverso dagli innesti, che vengono praticati da centinaia di anni da contadini di tutto il mondo, per migliorare le specie vegetali, senza modificare il corredo genetico della pianta in laboratorio.
Questi nuovi interventi sono un attacco alla biodiversità, cioè alla diffusione di un ampio numero di varietà diverse per ogni specie vegetale, in quanto selezionano pochi tipi di sementi per la coltivazione in ogni zona del mondo. Non sono più le varietà vegetali ad adattarsi naturalmente a climi e ambienti, e a regalarci sapori, forme, colori e contenuti nutrizionali diversi per le varie latitudini della Terra, ma si creano in laboratorio poche specie adatte per ogni luogo, impoverendo così l’ecosistema, oltre che la nostra tavola. Infatti, uno degli obiettivi dell’ingegneria genetica è quello di creare varietà vegetali contenenti vaccini o nutrienti che non sono presenti in natura in quella pianta.
Così, prima o poi, rischiamo di trovare un solo tipo di mele, uno solo di insalata: quella geneticamente modificata. Il contrario della biodiversità, la grande varietà di specie presenti in natura, che va salvaguardata.
MOLTI RISCHI PER LA SALUTE
Noi abbiamo ancora altri motivi per opporci fermamente agli Ogm.
Sebbene le aziende produttrici sostengano che gli Ogm non abbiano bisogno di fitofarmaci e diserbanti, dannosi per la salute e per l’ambiente, perché sono più forti delle piante allo stato naturale, molti studi dimostrano il contrario. Gli Ogm infatti possono essere coltivati solo con l’utilizzo di specifiche sostanze chimiche e provocano molti più danni rispetto alle coltivazioni convenzionali.
Secondo alcuni studi, a causa di componenti di Dna usati per modificare geneticamente certe piante, gli Ogm aumentano il rischio di reazioni allergiche e autoimmuni; potrebbero avere un’azione cancerogena o causare intossicazioni o tossicità a vari livelli (neurologico, respiratorio, gastrointestinale, ematologico e genetico), oltre a un aumento del rischio di avere aborti spontanei.
Infatti, il Dna degli Ogm sopravvive al processo digestivo e potrebbe trasferirsi nel nostro patrimonio genetico.
Corriamo questi rischi non solo consumando vegetali Ogm, ma anche mangiando carni e alimenti derivati da animali che sono stati nutriti con mangimi contenenti Ogm, come avviene in molti allevamenti.
... NON SOLO UMANA
Anche gli animali, attraverso la catena alimentare, subiscono effetti simili a quelli umani, a causa del contatto con gli Ogm. I più colpiti sono gli insetti, soprattutto quelli utili per l’agricoltura, e i lombrichi, ai quali alcune delle sostanze usate per produrre Ogm possono provocare un’alta mortalità o seri danni intestinali. Inoltre, possono inibire funghi e batteri benefici per il terreno.
I danni si estendono al regno vegetale: i semi geneticamente modificati possono “contaminare” i campi vicini, coltivati con sementi “naturali”, rendendoli sterili o trasferendo loro il Dna modificato. È questa la ragione della forte resistenza alla cosiddetta sperimentazione “in campo aperto”.
PERCHE' FIRMARE
Da un punto di vista socio-economico, gli Ogm rendono i contadini dipendenti dalle aziende produttrici, in quanto i semi modificati geneticamente sono sterili, per cui non è possibile produrre da sé la semenza per l’anno seguente. In più, necessitano di specifici prodotti per la coltivazione, che tra l’altro impediscono la coltivazione col metodo della lotta integrata o comunque con un minor utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.
Secondo le aziende produtrici, la sterilità dei semi Ogm è una cosa positiva, poiché evita la diffusione dei pollini geneticamente modificati. Cosa che, come si è visto prima, avviene ugualmente.
Perciò, se gli Ogm venissero liberalizzati, non avremmo alcun modo per proteggerci dalle loro possibili conseguenze.
Tutte queste ragioni ci paiono più che sufficiente per rifiutare in toto gli Ogm e aderire a questa campagna, chiedendovi di fare altrettanto, firmando la petizione.
Martina
Anche Ecobio, associazione ambientalista, ha aderito a questa iniziativa, organizzando, in collaborazione con i GC (Giovani comunisti) di Milano e Provincia e con la Coop di Vignate, banchetti informativi sul territorio vignatese e non.
Ma quali sono i motivi di questa campagna? Perché tutte queste associazioni non vogliono gli Ogm? Quali sono i pro e i contro di questo tipo di sementi?
La complessità del problema è notevole e le opinioni a riguardo sono contrastanti, perciò ci siamo documentate approfonditamente e abbiamo cercato di rendere più semplici ed accessibili le informazioni che abbiamo appreso, pur se con notevoli difficoltà.
TANTE RAGIONI PER UNA CAMPAGNA
Le ragioni di questa campagna sono, innanzitutto, di promuovere uno sviluppo dell’agroalimentare italiano “moderno, innovativo, mirato alla qualità della vita e della nostra salute, attento alla biodiversità, sicuro e rispettoso dell’ambiente e del clima”, oltre che della qualità dei prodotti. Gli Ogm sono incompatibili con questi obiettivi, in quanto sono “economicamente non convenienti e, per di più, ci priverebbero, omologandoci, della eccezionale originalità dei nostri prodotti”.
Gli Ogm sono vegetali in cui è stata inserita una parte del Dna di altre piante o animali, a livello genetico. Questo viene fatto con lo scopo di rendere il vegetale di partenza più resistente a condizioni sfavorevoli, come ad esempio situazioni climatiche proibitive per la sua crescita. Perciò è molto diverso dagli innesti, che vengono praticati da centinaia di anni da contadini di tutto il mondo, per migliorare le specie vegetali, senza modificare il corredo genetico della pianta in laboratorio.
Questi nuovi interventi sono un attacco alla biodiversità, cioè alla diffusione di un ampio numero di varietà diverse per ogni specie vegetale, in quanto selezionano pochi tipi di sementi per la coltivazione in ogni zona del mondo. Non sono più le varietà vegetali ad adattarsi naturalmente a climi e ambienti, e a regalarci sapori, forme, colori e contenuti nutrizionali diversi per le varie latitudini della Terra, ma si creano in laboratorio poche specie adatte per ogni luogo, impoverendo così l’ecosistema, oltre che la nostra tavola. Infatti, uno degli obiettivi dell’ingegneria genetica è quello di creare varietà vegetali contenenti vaccini o nutrienti che non sono presenti in natura in quella pianta.
Così, prima o poi, rischiamo di trovare un solo tipo di mele, uno solo di insalata: quella geneticamente modificata. Il contrario della biodiversità, la grande varietà di specie presenti in natura, che va salvaguardata.
MOLTI RISCHI PER LA SALUTE
Noi abbiamo ancora altri motivi per opporci fermamente agli Ogm.
Sebbene le aziende produttrici sostengano che gli Ogm non abbiano bisogno di fitofarmaci e diserbanti, dannosi per la salute e per l’ambiente, perché sono più forti delle piante allo stato naturale, molti studi dimostrano il contrario. Gli Ogm infatti possono essere coltivati solo con l’utilizzo di specifiche sostanze chimiche e provocano molti più danni rispetto alle coltivazioni convenzionali.
Secondo alcuni studi, a causa di componenti di Dna usati per modificare geneticamente certe piante, gli Ogm aumentano il rischio di reazioni allergiche e autoimmuni; potrebbero avere un’azione cancerogena o causare intossicazioni o tossicità a vari livelli (neurologico, respiratorio, gastrointestinale, ematologico e genetico), oltre a un aumento del rischio di avere aborti spontanei.
Infatti, il Dna degli Ogm sopravvive al processo digestivo e potrebbe trasferirsi nel nostro patrimonio genetico.
Corriamo questi rischi non solo consumando vegetali Ogm, ma anche mangiando carni e alimenti derivati da animali che sono stati nutriti con mangimi contenenti Ogm, come avviene in molti allevamenti.
... NON SOLO UMANA
Anche gli animali, attraverso la catena alimentare, subiscono effetti simili a quelli umani, a causa del contatto con gli Ogm. I più colpiti sono gli insetti, soprattutto quelli utili per l’agricoltura, e i lombrichi, ai quali alcune delle sostanze usate per produrre Ogm possono provocare un’alta mortalità o seri danni intestinali. Inoltre, possono inibire funghi e batteri benefici per il terreno.
I danni si estendono al regno vegetale: i semi geneticamente modificati possono “contaminare” i campi vicini, coltivati con sementi “naturali”, rendendoli sterili o trasferendo loro il Dna modificato. È questa la ragione della forte resistenza alla cosiddetta sperimentazione “in campo aperto”.
PERCHE' FIRMARE
Da un punto di vista socio-economico, gli Ogm rendono i contadini dipendenti dalle aziende produttrici, in quanto i semi modificati geneticamente sono sterili, per cui non è possibile produrre da sé la semenza per l’anno seguente. In più, necessitano di specifici prodotti per la coltivazione, che tra l’altro impediscono la coltivazione col metodo della lotta integrata o comunque con un minor utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.
Secondo le aziende produtrici, la sterilità dei semi Ogm è una cosa positiva, poiché evita la diffusione dei pollini geneticamente modificati. Cosa che, come si è visto prima, avviene ugualmente.
Perciò, se gli Ogm venissero liberalizzati, non avremmo alcun modo per proteggerci dalle loro possibili conseguenze.
Tutte queste ragioni ci paiono più che sufficiente per rifiutare in toto gli Ogm e aderire a questa campagna, chiedendovi di fare altrettanto, firmando la petizione.
Martina
martedì 16 ottobre 2007
Non è solo la vittoria di un giorno
Si potrebbero raccontare e discutere molte cose successe quel giorno, 12 ottobre, a Milano e in tutta Italia.
I ragazzi in piazza erano tanti, davvero tanti, tutti con una loro storia, un loro voler gridare al mondo qualcosa.
Io voglio raccontare la storia di 21 ragazzine, tra cui ci sono anch’io.
Inizia tutto in un paesino di provincia, una piccola scuola che sembra quasi un collegio femminile (15 maschi su 500 studenti). Una mattina una di loro, chiamiamola casualmente Matilde, porta in classe uno dei tanti annunci di manifestazione che in genere non vengono neppure letti. Questa volta, però succede l’incredibile: non solo quel manifesto viene letto da cima a fondo da tutta la classe, ma si inizia a discuterne nei corridoi all’intervallo, in classe coi professori, ben presto comincia girare da una mano all’altra e in capo a qualche giorno l’intera scuola lo ha letto o ne ha sentito parlare.
Inizia l’organizzazione.
Si discute in Comitato Studentesco se e come partecipare allo sciopero, si cercano megafoni, si parla perfino di fare picchetto, cosa che in paese non succedeva dal 75!
Arriva finalmente la mattina del 12.
Sono tutte fuori da scuola le nostre 21 ragazzine, schierate davanti ai cancelli che gridano di non entrare. Ci sono alcuni professori che le aiutano, altri da dentro minacciano ritorsioni. Gli studenti borbottano indecisi, i più fanno retro front e tornano a casa. Alle 9 e mezza a scuola non è entrato nessuno. E sono state loro. 21 ragazzine medio-borghesi, con una concezione della “politica”, quella dei partiti, minima, ma con la certezza precisa che la scuola che vogliono in futuro è una scuola moderna e al passo coi tempi, non una scuola che guarda al passato!
Per loro non è solo la vittoria di un giorno, non è solo il problema contestuale della riforma Fioroni, è anche e soprattutto l’aver dimostrato che sono capaci di lottare per quello in cui credono, di far sentire la loro voce.
Da qui non si torna indietro.
Matilde
I ragazzi in piazza erano tanti, davvero tanti, tutti con una loro storia, un loro voler gridare al mondo qualcosa.
Io voglio raccontare la storia di 21 ragazzine, tra cui ci sono anch’io.
Inizia tutto in un paesino di provincia, una piccola scuola che sembra quasi un collegio femminile (15 maschi su 500 studenti). Una mattina una di loro, chiamiamola casualmente Matilde, porta in classe uno dei tanti annunci di manifestazione che in genere non vengono neppure letti. Questa volta, però succede l’incredibile: non solo quel manifesto viene letto da cima a fondo da tutta la classe, ma si inizia a discuterne nei corridoi all’intervallo, in classe coi professori, ben presto comincia girare da una mano all’altra e in capo a qualche giorno l’intera scuola lo ha letto o ne ha sentito parlare.
Inizia l’organizzazione.
Si discute in Comitato Studentesco se e come partecipare allo sciopero, si cercano megafoni, si parla perfino di fare picchetto, cosa che in paese non succedeva dal 75!
Arriva finalmente la mattina del 12.
Sono tutte fuori da scuola le nostre 21 ragazzine, schierate davanti ai cancelli che gridano di non entrare. Ci sono alcuni professori che le aiutano, altri da dentro minacciano ritorsioni. Gli studenti borbottano indecisi, i più fanno retro front e tornano a casa. Alle 9 e mezza a scuola non è entrato nessuno. E sono state loro. 21 ragazzine medio-borghesi, con una concezione della “politica”, quella dei partiti, minima, ma con la certezza precisa che la scuola che vogliono in futuro è una scuola moderna e al passo coi tempi, non una scuola che guarda al passato!
Per loro non è solo la vittoria di un giorno, non è solo il problema contestuale della riforma Fioroni, è anche e soprattutto l’aver dimostrato che sono capaci di lottare per quello in cui credono, di far sentire la loro voce.
Da qui non si torna indietro.
Matilde
Aiutateci a non temere le nostre responsabilità, ascoltate gli studenti
In risposta all'articolo del preside del Liceo Classico Berchet di Milano Innocente Pessina, pubblicato il 14 ottobre su "La Repubblica", cronaca di Milano
Siamo due studenti passati da poco all’università, ma ancora completamente dentro al movimento degli studenti delle superiori. Anche noi eravamo in piazza venerdì 12 ottobre, e anche noi, che pure di manifestazioni ormai ne abbiamo viste parecchie, siamo rimasti stupiti dai diversi fatti accaduti quella mattina. Innanizitutto, come si è detto, tanti o pochi che fossero, gli studenti sono scesi in piazza senza che nessuno convocasse un corteo a Milano, animati esclusivamente dalla contrarietà al decreto ministeriale che reitroduce gli esami di riparazione a settembre. Non si era mai vista negli ultimi anni a Milano una mobilitazione studentesca così massiccia totalmente autoconvocata. Per la paura? Forse, ma non solo probabilmente. Quando sono partiti i cori “da stadio”, e gli slogan come “Fioroni vaffa...” anche noi eravamo parecchio dubbiosi. Sembrava che il movimento studentesco avesse guadagnato in numeri ma avesse perso completamente qualsiasi contenuto, come se gli studenti fossero lì solo per dire: questi esami non s’hanno da fare.
E’ vero, probabilmente è vero, il dissenso è legato soltanto alla paura di dover passare le prossime estati a studiare. Ma c’è una cosa che emerge. Sia questi studenti, sia quelli che da anni propongono una diversa riforma della scuola e un nuovo modo di pensare l’istruzione, chiedono da molti anni l’unica cosa che nessun ministro, di destra o di sinistra che fosse, ha voluto fare: ascoltarli. Per questo non cambia assolutamente la protesta se al governo c’è l’uno o l’altro schieramento, per questo anche adesso avremo le scuole occupate, passando dalla solita ritualità, osiamo dire, democratica, dei collettivi e delle assemblee.
L’insufficenza scolastica che spaventa lo studente non può essere solo un problema suo, ma è un fallimento di tutta la società e di tutto il mondo della Conoscenza. Per questo devono essere messi a disposizione gli strumenti per poter colmare quelle lacune che, in prima battuta, sono causate dal sistema scolastico. Certo, se poi non c’è la buona volontà dello studente, la voglia e il piacere di studiare e di conoscere, la scuola non può certo fare i miracoli ed ad un certo punto sta allo studente assumersi le proprie responsabilità. Ma è importante che fino all’ultimo si cerchi di instillare nello studente quella giusta dose di curiosità, quella giusta sete di conoscenza tale per cui lo studio non sia più un calvario, aiutandolo anche a recuperare gli strumenti giusti per poter apprendere appieno quello che studia.
E’ vero anche che il fenomeno dei debiti mai saldati esiste ed è molto diffuso, ed ha ragione il preside del Berchet quando individua in questo problema il fallimento del sistema debiti-crediti. Non è possibile ad esempio che ci siano ragazzi usciti dal liceo scientifico avendo per cinque anni il debito in matematica. E così si è creato quel senso di impunità che insegnava agli studenti solo l’irresponsabilità. Bisogna assolutamente risolvere questo problema, e qui nasce la paura degli esami a settembre, dal ritrovarsi improvvisamente a doversi assumere le proprie responsabilità. Ora, non possiamo, dopo aver tenuto gli studenti nella bambagia per anni, caricarli del peso del passato e ributtarli in pasto agli esami di riparazione. E’ il momento di trovare una soluzione seria a questo problema, che prenda gli aspetti positivi del sistema dei crediti-debiti e risolva però questa necessità di maggior serietà (e non severità, come faceva notare il preside del Berchet). Tutto ciò è possibile solo se il ministro si decide ad ascoltare veramente le proposte che gli studenti, ma anche i professori, hanno da fargli, perché loro, vivendo tutti insieme la scuola tutti i giorni, possono portare proposte concrete, condivise e applicabili. L’idea di fare gli esami a giugno, può essere molto interessante, si potrebbe sentire l’opinione degli studenti in proposito.
Inoltre, siamo pienamente d’accordo con l’idea che una scuola meno selettiva sia in realtà una fregatura proprio per i più poveri, senza strumenti, metodo, cultura ed opportunità. Una scuola appiattita su una conoscenza che non è reale può solo aiutare a tenere buona e mansueta la popolazione del futuro. Per questo è necessario investire realmente, in tutti i sensi, sul mondo dell’istruzione.
Solo con uno sforzo comune di studenti, professori, personale ATA, e chiunque altro viva la scuola possiamo cambiare un sistema scolastico che ormai sta collassando su se stesso. Per questo è indispensabile l’impegno degli insegnanti, che in quanto tali possono e devono aiutarci ad imparare quali siano i nostri diritti, ma soprattutto quali siano i nostri doveri.
Sì, gli studenti di oggi temono le responsabilità: ma perché qualcuno non li fa partecipare allo sviluppo del loro percorso di crescita.
Aiutateci ad assumerci le nostre responsabilità, coinvolgeteci.
Ilaria e Luca
Siamo due studenti passati da poco all’università, ma ancora completamente dentro al movimento degli studenti delle superiori. Anche noi eravamo in piazza venerdì 12 ottobre, e anche noi, che pure di manifestazioni ormai ne abbiamo viste parecchie, siamo rimasti stupiti dai diversi fatti accaduti quella mattina. Innanizitutto, come si è detto, tanti o pochi che fossero, gli studenti sono scesi in piazza senza che nessuno convocasse un corteo a Milano, animati esclusivamente dalla contrarietà al decreto ministeriale che reitroduce gli esami di riparazione a settembre. Non si era mai vista negli ultimi anni a Milano una mobilitazione studentesca così massiccia totalmente autoconvocata. Per la paura? Forse, ma non solo probabilmente. Quando sono partiti i cori “da stadio”, e gli slogan come “Fioroni vaffa...” anche noi eravamo parecchio dubbiosi. Sembrava che il movimento studentesco avesse guadagnato in numeri ma avesse perso completamente qualsiasi contenuto, come se gli studenti fossero lì solo per dire: questi esami non s’hanno da fare.
E’ vero, probabilmente è vero, il dissenso è legato soltanto alla paura di dover passare le prossime estati a studiare. Ma c’è una cosa che emerge. Sia questi studenti, sia quelli che da anni propongono una diversa riforma della scuola e un nuovo modo di pensare l’istruzione, chiedono da molti anni l’unica cosa che nessun ministro, di destra o di sinistra che fosse, ha voluto fare: ascoltarli. Per questo non cambia assolutamente la protesta se al governo c’è l’uno o l’altro schieramento, per questo anche adesso avremo le scuole occupate, passando dalla solita ritualità, osiamo dire, democratica, dei collettivi e delle assemblee.
L’insufficenza scolastica che spaventa lo studente non può essere solo un problema suo, ma è un fallimento di tutta la società e di tutto il mondo della Conoscenza. Per questo devono essere messi a disposizione gli strumenti per poter colmare quelle lacune che, in prima battuta, sono causate dal sistema scolastico. Certo, se poi non c’è la buona volontà dello studente, la voglia e il piacere di studiare e di conoscere, la scuola non può certo fare i miracoli ed ad un certo punto sta allo studente assumersi le proprie responsabilità. Ma è importante che fino all’ultimo si cerchi di instillare nello studente quella giusta dose di curiosità, quella giusta sete di conoscenza tale per cui lo studio non sia più un calvario, aiutandolo anche a recuperare gli strumenti giusti per poter apprendere appieno quello che studia.
E’ vero anche che il fenomeno dei debiti mai saldati esiste ed è molto diffuso, ed ha ragione il preside del Berchet quando individua in questo problema il fallimento del sistema debiti-crediti. Non è possibile ad esempio che ci siano ragazzi usciti dal liceo scientifico avendo per cinque anni il debito in matematica. E così si è creato quel senso di impunità che insegnava agli studenti solo l’irresponsabilità. Bisogna assolutamente risolvere questo problema, e qui nasce la paura degli esami a settembre, dal ritrovarsi improvvisamente a doversi assumere le proprie responsabilità. Ora, non possiamo, dopo aver tenuto gli studenti nella bambagia per anni, caricarli del peso del passato e ributtarli in pasto agli esami di riparazione. E’ il momento di trovare una soluzione seria a questo problema, che prenda gli aspetti positivi del sistema dei crediti-debiti e risolva però questa necessità di maggior serietà (e non severità, come faceva notare il preside del Berchet). Tutto ciò è possibile solo se il ministro si decide ad ascoltare veramente le proposte che gli studenti, ma anche i professori, hanno da fargli, perché loro, vivendo tutti insieme la scuola tutti i giorni, possono portare proposte concrete, condivise e applicabili. L’idea di fare gli esami a giugno, può essere molto interessante, si potrebbe sentire l’opinione degli studenti in proposito.
Inoltre, siamo pienamente d’accordo con l’idea che una scuola meno selettiva sia in realtà una fregatura proprio per i più poveri, senza strumenti, metodo, cultura ed opportunità. Una scuola appiattita su una conoscenza che non è reale può solo aiutare a tenere buona e mansueta la popolazione del futuro. Per questo è necessario investire realmente, in tutti i sensi, sul mondo dell’istruzione.
Solo con uno sforzo comune di studenti, professori, personale ATA, e chiunque altro viva la scuola possiamo cambiare un sistema scolastico che ormai sta collassando su se stesso. Per questo è indispensabile l’impegno degli insegnanti, che in quanto tali possono e devono aiutarci ad imparare quali siano i nostri diritti, ma soprattutto quali siano i nostri doveri.
Sì, gli studenti di oggi temono le responsabilità: ma perché qualcuno non li fa partecipare allo sviluppo del loro percorso di crescita.
Aiutateci ad assumerci le nostre responsabilità, coinvolgeteci.
Ilaria e Luca
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