Si potrebbero raccontare e discutere molte cose successe quel giorno, 12 ottobre, a Milano e in tutta Italia.
I ragazzi in piazza erano tanti, davvero tanti, tutti con una loro storia, un loro voler gridare al mondo qualcosa.
Io voglio raccontare la storia di 21 ragazzine, tra cui ci sono anch’io.
Inizia tutto in un paesino di provincia, una piccola scuola che sembra quasi un collegio femminile (15 maschi su 500 studenti). Una mattina una di loro, chiamiamola casualmente Matilde, porta in classe uno dei tanti annunci di manifestazione che in genere non vengono neppure letti. Questa volta, però succede l’incredibile: non solo quel manifesto viene letto da cima a fondo da tutta la classe, ma si inizia a discuterne nei corridoi all’intervallo, in classe coi professori, ben presto comincia girare da una mano all’altra e in capo a qualche giorno l’intera scuola lo ha letto o ne ha sentito parlare.
Inizia l’organizzazione.
Si discute in Comitato Studentesco se e come partecipare allo sciopero, si cercano megafoni, si parla perfino di fare picchetto, cosa che in paese non succedeva dal 75!
Arriva finalmente la mattina del 12.
Sono tutte fuori da scuola le nostre 21 ragazzine, schierate davanti ai cancelli che gridano di non entrare. Ci sono alcuni professori che le aiutano, altri da dentro minacciano ritorsioni. Gli studenti borbottano indecisi, i più fanno retro front e tornano a casa. Alle 9 e mezza a scuola non è entrato nessuno. E sono state loro. 21 ragazzine medio-borghesi, con una concezione della “politica”, quella dei partiti, minima, ma con la certezza precisa che la scuola che vogliono in futuro è una scuola moderna e al passo coi tempi, non una scuola che guarda al passato!
Per loro non è solo la vittoria di un giorno, non è solo il problema contestuale della riforma Fioroni, è anche e soprattutto l’aver dimostrato che sono capaci di lottare per quello in cui credono, di far sentire la loro voce.
Da qui non si torna indietro.
Matilde
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